In questo articolo affronterò un argomento che interessa la maggior parte delle persone separate o in procinto di separazione.
Il giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri. L’entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell’obbligato.
Qualora sopravvengano giustificati motivi, il giudice, su istanza di parte, può disporre la revoca o la modifica dei provvedimenti adottati.
Con una sentenza tanto storica quanto rivoluzionaria, la 28778/2020 del 16 ottobre 2020, la Corte di Cassazione ha stabilito che una relazione stabile, anche tra persone non conviventi, può far decadere il diritto a ricevere l’assegno di mantenimento o l’assegno divorzile, due emolumenti economici spesso confusi tra loro ma ben differenti. Si applicano infatti in circostanze legali differenti, e sono calcolati per due motivi distinti.
L’assegno di mantenimento è definito dopo la separazione. Serve a garantire al coniuge con il reddito più basso lo stesso tenore di vita che aveva quando viveva insieme all’ex partner. Tra i redditi dei due viene dunque eliminato il dislivello, finché non si equivarranno. Il giudice è chiamato a definire l’esatta somma a cui ammonta l’assegno di mantenimento caso per caso, in base alle reali possibilità del coniuge obbligato al suo versamento.
L’assegno divorzile è definito, come dice il nome stesso, dopo il divorzio. Serve a garantire l’autonomia e l’indipendenza economia del coniuge con il reddito più basso, e non quindi lo stesso tenore di vita che aveva durante il matrimonio. Decade dunque nel momento in cui è in grado di mantenersi da solo.
La Corte di Cassazione ha stabilito che l’assegno debba essere rimodulato o addirittura revocato se il coniuge beneficiario ha una relazione sentimentale stabile, indipendentemente dal fatto che sia in atto la convivenza con il nuovo partner.
Con la suddetta sentenza del 16 ottobre 2020, la 28778/2020, la Cassazione ha infatti accolto il ricorso di un uomo di Reggio Calabria che chiedeva di non pagare più il mantenimento alla ex moglie.
La donna, pur non condividendo stabilmente l’abitazione con il nuovo compagno, aveva ormai una relazione stabile. L’ex marito sosteneva che di fatto vivessero insieme, nonostante nessuno dei due avesse cambiato il proprio domicilio. I supremi giudici hanno dato ragione all’uomo, per cui la Corte d’Appello di Reggio Calabria aveva stabilito il pagamento all’ex di 400 euro mensili e respinto la richiesta per la revoca dell’assegnazione della casa coniugale.
Alla Suprema Corte lui aveva chiesto di annullare la sentenza, mentre lei aveva chiesto un assegno da 800 euro, sostenendo di non aver nessun reddito e che la relazione con il nuovo compagno non era mai stata dimostrata. Per i giudici di Cassazione, invece, il rapporto pluriennale e consolidato, si legge nella sentenza, è “pure caratterizzato da ufficialità, nonché fondato sulla quotidiana frequentazione con periodi più o meno lunghi di piena ed effettiva convivenza”.
A questo proposito è corretto spiegare che cosa significhi nella pratica. Il senso è che non è sufficiente vedersi con un’altra persona, andare a cena insieme e uscire ogni giorno. È necessario che i due abbiano intrapreso un “percorso di vita comune”, tipico di una “famiglia di fatto”.
Questo concetto non è di facile individuazione: innanzitutto perché la Cassazione, nel chiarire ciò, non ha fornito ulteriori indici ed elementi identificativi (dopo quanto tempo una relazione può dirsi stabile? È necessaria la convivenza tra i due partner oppure è possibile parlare di “relazione stabile” anche tra due persone che continuano ad avere una residenza diversa?). In secondo luogo perché la prova della stabile relazione dell’ex coniuge può sfuggire a chi è completamente estraneo alla vita altrui e non è chiaramente al corrente delle relative dinamiche. Di qui una serie di domande: come procedere per Dimostrare la stabile convivenza? E soprattutto: quanto influisce la nuova relazione dell’ex coniuge sul mantenimento?
Ecco allora l’importanza della sentenza 28778/2020 del 16 ottobre 2020. La Suprema Corte ha annullato la condanna, inflitta dalla Corte di Appello di Reggio Calabria nei confronti di un uomo, a versare gli alimenti alla precedente moglie che, nel frattempo, aveva intrapreso una nuova relazione.
Cerchiamo di fare il punto della situazione su tale interessante argomento.
Non spetta più l’assegno di mantenimento – sicché andrà revocato per intero e non semplicemente ridotto – nei confronti dell‘ex moglie che abbia instaurato una nuova relazione con il nuovo compagno quando caratterizzata dai requisiti di stabilità e continuità.
Il Tribunale di Como (Trib. Como, sent. del 12.04.2018) ha determinato che, qualora, in sede di divorzio, emerga che il coniuge abbia intrapreso una nuova relazione, anche se la stessa non abbia comportato la stabile convivenza con il nuovo partner e si sia, in una fase successiva, conclusa, deve rilevarsi il venir meno del presupposto necessario per il riconoscimento dell’assegno di mantenimento: la formazione di una famiglia di fatto costituisce espressione di una scelta di vita esistenziale e consapevole, con assunzione del rischio della cessazione del rapporto. In buona sostanza, anche qualora la nuova relazione dovesse naufragare dopo poco, non è più possibile bussare alla porta dell’ex coniuge per ottenere, di nuovo, l’assegno di mantenimento. Assegno che, una volta cessato, non rivive più.
Lo stesso principio è stato sancito dal Tribunale di La Spezia (Trib. La Spezia, sent. n. 2133/2016). Non è necessaria la coabitazione tra l’ex moglie e il nuovo compagno per giustificare la revoca dell’obbligo di corrispondere l’assegno di mantenimento a carico dell’ex marito.
Se è vero dunque che la convivenza non è condizione necessaria per parlare di “nuova relazione stabile” su quali basi si può giudicare la sua sussistenza?
Si deve trattare innanzitutto di elementi esterni, di comportamenti cioè percepibili anche dai terzi, non rilevando invece le intenzioni o gli accordi interni alle parti.
Ciò che rileva quindi non è tanto l’elemento della coabitazione ma l’esistenza di una stabile e consolidata relazione affettiva con un/a nuovo/a compagno/a. Relazione che possiamo Dimostrare anche “registrando” le abitudini di vita dei due nuovi partner, che magari si presentano alla gente come “il compagno” o “la compagna”, si mostrano per strada in atteggiamenti di confidenza e, nello stesso tempo, hanno adottato gli stili di vita tipici di una famiglia di fatto (mangiare e dormire insieme, rispetto della fedeltà e dell’assistenza materiale, ecc.).
Solo quindi la nuova relazione stabile e non quella occasionale fa perdere il diritto all’assegno di mantenimento.
Il principio è ormai chiaro: l’instaurazione da parte del coniuge divorziato (o anche di quello separato) di una nuova famiglia, ancorché di fatto, rescindendo ogni connessione con il tenore ed il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale, fa venire definitivamente meno ogni presupposto per la riconoscibilità dell’assegno divorzile a carico dell’altro coniuge, sicché il relativo diritto non viene semplicemente sospeso, ma cessa per sempre. Infatti, la formazione di una famiglia di fatto – tutelata dall’articolo 2 della Costituzione come formazione sociale stabile e duratura in cui si svolge fa personalità dell’individuo – è espressione di una scelta esistenziale, libera e consapevole, che si caratterizza per l’assunzione piena del rischio di una cessazione del rapporto e, quindi, esclude ogni residua solidarietà post-matrimoniale con l’altro coniuge, il quale non può che confidare nell’esonero definitivo da ogni obbligo.
Per provare la nuova relazione o convivenza ci si dovrà necessariamente rivolgere innanzitutto al proprio legale di fiducia, in modo da poter stabilire il tipo di intervento da attuare e quali tipologie di prove siano utili ai fini di una causa. In questa fase entra in gioco l’agenzia investigativa, legalmente autorizzata, per fornire ogni tipologia di prova necessaria alla finalità di Dimostrare.
L’investigatore privato, nel caso di accertamento reale dello stato patrimoniale dell’ex coniuge, può essere chiamato per diversi casi in cui sia utile un’indagine.
L’assegno di mantenimento potrebbe essere rideterminato in varie ipotesi:
· L’ex coniuge percepisce un reddito diverso da quello dichiarato nella fase di divorzio;
· L’ex coniuge presta lavoro in nero;
· L’ex coniuge ha stabilito una nuova relazione;
Il compito principale dell’investigazione è Dimostrare quanto emerso nel corso delle indagini private, sia mediante ricerca e raccolta di informazioni (documentazioni valide in sede giudiziaria), sia tramite attività di indagine che comportano la sorveglianza del comportamento di una persona (ex coniuge oggetto di indagini).
Questa metodologia, in base alle richieste del legale, prevede un monitoraggio del comportamento del soggetto e può richiedere molte ore di lavoro ma risulta estremamente efficace per Dimostrare mediante prove e materiali inconfutabili.
Luca Leonardo D’Agostini
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