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Gli affitti nel periodo del corona virus

In assenza di precedenti specifici, la soluzione del problema degli affitti nel periodo corona virus potrebbe essere un’equa ripartizione degli oneri tra le parti, con la riduzione del canone al 50% per i mesi da marzo a maggio 2020 e con la possibilità di usufruire di agevolazioni fiscali sia per il locatore che per il conduttore.

L’emergenza senza precedenti del Covid 19 ha avuto un violento impatto sulla catena economica italiana in generale ed in particolare sulle locazioni degli immobili.

Al riguardo il nostro sistema giuridico prevede due grandi tipi di locazione: la prima è quella ad uso abitativo, la seconda è quella ad uso commerciale ed è anche denominata “affitto”, per distinguerla dalla prima.

Proprio di questa seconda locazione si parlerà in quest’articolo, ispirato dall’esigenza di trovare una soluzione al problema della corretta misura del canone di un immobile ad uso commerciale in tempi di corona virus.

Oltre alle disposizioni del codice civile e delle leggi speciali che si sono succedute nel tempo e che regolano la materia, nel periodo emergenziale la norma di partenza è il comma 6 bis dell’art. 3 D.L. 23/2/2020 n. 6 e succ. mod.: “… Il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutato ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”.

A loro volta gli artt. 1218 e 1223 c.c. così dispongono:

Art. 1218 c.c.: (Responsabilità del debitore). Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.

Art. 1223 c.c.: (Risarcimento del danno). Il risarcimento del danno per l’inadempimento o per il ritardo deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta.

Benché non menzionato dal decreto, grande importanza riveste anche l’art. 1256 c.c.: (Impossibilità definitiva ed impossibilità temporanea).

L’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile.

Se l’impossibilità è solo temporanea, il debitore finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell’adempimento.

Tuttavia, l’obbligazione si estingue se l’impossibilità perdura fino a quando, in relazione al titolo dell’obbligazione o alla natura dell’oggetto, il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla.

Oltre alle norme sopra citate, diversi autori hanno pure correttamente invocato l’applicabilità di altre specifiche disposizioni in materia contrattuale, quali ad esempio l’impossibilità o l’eccessiva onerosità della prestazione, o il factum principis (impossibilità della prestazione per ordine dell’autorità), o ancora la modifica delle condizioni contrattuali.

Tuttavia, l’introduzione di una disposizione quale il comma 6, che prevede una forma di esonero di responsabilità del debitore dall’adempimento delle proprie obbligazioni, regolato dal 1218 e dal 1223 c.c., sembrerebbe (il condizionale è d’obbligo) dimostrare la volontà del legislatore di alleggerire la posizione contrattuale del conduttore inadempiente.

Tale ipotesi sembrerebbe ulteriormente suffragata dalla lettura costituzionalmente orientata dell’intera normativa sulle locazioni, caratterizzata da una posizione privilegiata del conduttore nei confronti del locatore, siccome considerato la parte debole del rapporto (c.d. favor conductoris).

Tanto premesso, si pone il problema delle applicazioni pratiche di questa disposizione, che a parere del sottoscritto deve essere interpretata in modo da non danneggiare né la posizione del conduttore, né quella del locatore, poiché entrambi sono vittime incolpevoli di una situazione mai verificatasi prima.

Perciò, a fronte della parziale esclusione della responsabilità del conduttore, è lecito aspettarsi che il legislatore stabilisca almeno la mancanza di obblighi fiscali a carico del locatore per il periodo nel quale il canone non viene percepito.

Altro problema è poi stabilire se il canone dei mesi critici debba essere o definitivamente ridotto, o temporaneamente sospeso.

La prima ipotesi comporterebbe la definitiva mancata corresponsione del canone, in tutto o in percentuale. La seconda ipotesi comporterebbe la temporanea riduzione del canone, con obbligo di integrale corresponsione del dovuto da dilazionare nei mesi successivi.

Nonostante l’ampiezza dei vari decreti presidenziali, al momento la questione non è stata trattata ed è auspicabile che sia rimessa alla normativa futura.

È altrettanto auspicabile che il legislatore non lasci questo arduo compito alla valutazione della giurisprudenza, onde evitare i consueti diversi orientamenti da tribunale a tribunale, che lasciano cittadini e avvocati nella costante incertezza del diritto.

Partendo dal principio di incolpevolezza sia del conduttore (che è impossibilitato ad esercitare l’attività d’impresa), sia del locatore (che vede pregiudicato il suo diritto a percepire integralmente il canone perché il bene locato non è temporaneamente idoneo all’uso pattuito), la soluzione potrebbe essere nel ricorso al principio solidaristico, previsto dalla nostra Costituzione anche nel settore economico.

Tutto ciò ponendo a base un presupposto indiscutibile: stiamo vivendo una situazione emergenziale assolutamente nuova.

Pertanto, sarebbe quanto mai iniquo far ricadere su una sola delle parti le conseguenze del danno patrimoniale.

Al contrario, sembrerebbe molto più ragionevole un’equa ripartizione degli oneri tra gli interessati, con la riduzione definitiva del canone al 50% per i mesi da marzo a maggio 2020.

A ciò dovrebbero aggiungersi la possibilità per il locatore di dedurre fiscalmente la perdita subita e per il conduttore di continuare ad usufruire del credito d’imposta.

Infine, in mancanza di un qualsiasi precedente giurisprudenziale, è bene precisare che sussiste grande confusione anche tra gli stessi operatori del diritto.

Si cominciano a verificare casi nei quali, nell’ambito dello stesso studio legale, si formulano richieste perentorie di integrale pagamento del canone allorché si difende il locatore, mentre si invoca l’orientamento opposto quando il cliente è il conduttore.

Proprio per questi motivi appare conveniente una scelta chiara, che sottragga il contenzioso ai tribunali, contemperi le opposte ragioni e limiti i danni per entrambi in egual misura.

Avv. Aurelio Padovani

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