top of page

Il rancore dei genitori separati. Cui prodest?

Nel fondo del cuore c’è sempre un sogno...”, sono le parole che George Bizet, ne1 musicale “I pescatori di perle” fa pronunciare ad un protagonista Namir che, insieme a Suo fratello Nadir, vive ma turbolenta storia d’amore fatta di orgoglio, dolore, rispetto, educazione, diritti...

Vorrei che fossero questi i canoni che improntassero la relazione padre-figli quando marito e moglie si separano, mi rendo conto però che non è così e che i figli vengono scagliati come frecce dalla madre per colpire il padre con rabbia, violenza, odio, rancore, follia al fine di distruggere quel vincolo di sangue che nessuno potrà recidere mai.

Nelle separazioni sancite dai Giudici e dal Tribunale, marito e moglie cessano di essere tali, perché il matrimonio è naufragato irrimediabilmente con colpe equivalenti o percentuali di colpe a ciascuno dei coniugi, ma padre e madre di quei figli che non hanno chiesto di venire al mondo e che sono l’atto d’amore più sublime che possa esserci, rimangono tali e lo rimarranno per sempre, per tutta la vita.

Nel vecchio codice del 1942 e fino alla riforma del diritto di famiglia ne1 1975, i figli dei genitori separati venivano affidati al 90% alla madre, ritenuta il genitore più adatto a gestire il trauma di una famiglia che si disgrega.

In casi eccezionali, ma veramente unici, il Tribunale affidava al padre quei figli che, con l’aiuto dei nonni paterni, riuscivano lentamente, con amore e rispetto, a ritrovarsi in un’unità familiare senza la madre.

Lento pede dal 1975, passando attraverso due riforme del 1987 e del 1996, dobbiamo giungere quasi ai nostri giorni, precisamente al 2006, perché venga varato “l’affidamento condiviso dei figli” nelle separazioni dei propri genitori.

È stato un cammino irto di ostacoli, bocciato in sede parlamentare diverse volte, che ha portato al concetto della bigenitorialità e dell’affidamento “condiviso ad entrambi i genitori dei figli”, art.155 c,c. “Anche in caso di separazione personale dci genitori, il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrata e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale”.

Questo concetto che appare semplice come la lettura dell’articolo del codice cui si riferisce, in realtà e i1 risvolto amaro dell’affido condiviso perché se il legislatore ha dettato la paritarietà dei diritti e dei doveri dei genitori, in realtà la bigenitorialità viene calpestata e la madre si erge “a depositaria del collocamento dei figli”, sbandierandolo come “un affido esclusivo”, arrogandosi diritti che non ha e manipolando i figli a tal punto da recare nocumento e danno agli stessi, infierendo contro il padre, avverso il suo ruolo genitoriale, fino a giungere alla c.d. PAS, Sindrome di alienazione parentale, che distrugge i1 concetto di “affido condiviso”.

Leggiamo l’11° comma dell’art. 155 c.c. “Per realizzare le finalità del primo comma, il giudice che pronuncia la separazione personale dei coniugi adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essi. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli.

La chiave di volta dell’affido condiviso e in questo comma laddove il Giudice, con esclusivo riferimento all’interesse personale e materiale dei figli, determina i tempi di permanenza presso ciascun genitore, il modo e la misura di contribuire al loro mantenimento, imponendo i doveri genitoriali di cura, istruzione ed educazione.

Questi doveri fondamentali, che i genitori debbono osservare pedissequamente, si traducono in realtà in prepotenza, arroganza, violenza, abuso del ruolo della madre che calpesta i pari diritti del padre.

Nelle Consulenze Tecniche d’Ufficio che, quotidianamente nelle aule di giustizia vengono chieste, affinché i diritti dei minori siano concretamente rispettati, i vari CTU, dal Neuropsichiatra infantile, allo Psicologo clinico, al Psichiatra forense, allo Psicologo dell’età evolutiva, sono concordi nel ripetere che il c.d. conflitto genitoriale va lasciato da parte, va accantonato perché i figli della coppia che si sta separando debbono essere posti al centro del giudizio e vanno aiutati a superare il trauma del distacco, del genitore che non vedranno più nella quotidianità, della nuova vita che andranno ad affrontare. Non come ebbe a dire il grande Professor Bollea “orfani di genitori viventi”, ma compiutamente e affettivamente assistiti e tenuti per mano da mamma e papa.

Il rapporto padre-figli nelle separazioni è difficile, preminente e basilare è il rispetto e 1’educazione tra i coniugi che, per il bene esclusivo dei propri figli, debbono accordarsi intelligentemente per far continuare una vita “normale” in due case differenti, con ritmi e tempi diversi, ai figli che vanno a scuola, che fanno sport, che debbono trascorrere vacanze distinte, che hanno bisogno della carezza paterna tanto quanto lo sguardo vigile della madre.

Leggiamo, per concludere, i1 terzo comma dell’art. 155 C.c. “la potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggior interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione, alla salute sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli.

Qui vi è tutto il fallimento della legge sull’affido condiviso ed il totale ‘ruolino” del padre, considerato “un bancomat” e con il quale si dà tutto per scontato, la scelta della scuola, lo sport, le amicizie, le vacanze, i weekend perché tutto viene unilateralmente deciso dalla madre.

Se prima il maschietto giocava a calcio e andava al campo scuola con il padre, adesso cambia sport e ci va con la madre; se prima il figlio prediligeva i1 disegno o la matematica, adesso deve essere il primo in italiano e storia, se prima la vacanza era al mare, adesso si va in montagna...

Cui prodest?

È difficile dare un senso di responsabilità genitoriale al padre separato, escluso dalla vita dei propri figli e che si deve accontentare di ritagli di tempo e di occasioni perdute, stante il predominio materno nella gestione dei figli.

Confido in una riforma legislativa che dia peso alla voce, anzi al grido di dolore che si solleva ogni giorno da parte di uomini padri separati, cui vengono negati i diritti precipui sanciti dal codice, che sono costretti a vedere ridotta la loro genitorialità per un rancore o una rabbia dell’ex coniuge che così comportandosi, provoca solamente danno ai figli.

Maxima reverentia puero debeatur, così i nostri progenitori romani ed allora bisogna darla quest’attenzione ai figli che hanno il diritto di stare con i propri padri paritariamente come con la propria madre, per sorridere, per giocare, per leggere una favola, per andare al cinema, per giocare a calcio. per disegnare un aquilone che vola libero nel cielo azzurro, stretti e tra le braccia forti e gentili di papà, di “papi”, di Ettore che dice ad Andromaca sulle mura di Troia, prima di scendere nel combattimento mortale con Achille, salutando il figlio Astianatte “diranno di lui… non fu sì forte il padre”.

Avv. Gigliola Marchi

3 visualizzazioni0 commenti
bottom of page