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Indagini investigative e medianità

La collaborazione maturata nel tempo con il Dottor Luca Leonardo D'Agostini ed il suo staff mi ha permesso di comprendere la peculiarità del lavoro e della tecnica che l'investigatore mette a disposizione del cliente.

La ricerca della prova non è il frutto di un'attività ancorata all’imprevisto (serve anche “il caso”, certamente) ma è la conseguenza dello studio delle possibilità: la prova “cercata” emerge con un lavoro di intelligence che non esclude nessun fattore. Pianificazione in una parola, il mantra che mi sono sentito ripetere molte volte ed in molte occasioni.

Avevo spiegato, a mia volta, il metodo alla cliente che voleva commissionare delle indagini sulla figlia, preoccupata di certe frequentazioni della ragazza e di alcuni suoi atteggiamenti che non aveva manifestato prima di iscriversi in una palestra, abbandonando tutti gli altri interessi coltivati sino a quel momento e diventando irascibile e nervosa.

Mi resi conto però che da mesi “nel carniere” non c’era nulla, neppure il classico elemento indiziario che permettesse di confermare (induttivamente) l’ipotesi investigativa.

Dopo essermi congedato da lei, riguardando gli appunti che avevo preso, affiorò dalle nebbie della menteil ricordo di un “caso” particolare.

Era il ricordo di un’indagine dove né l'abilità e né la duttilità dell'investigatore mi veniva in aiuto perché, da tempo, il lavoro di “ricerca” della prova si infrangeva nella capacità del sorvegliato di sottrarsi ad ogni controllo.

Un’azienda sosteneva l’infedeltà del dipendente, l’investigazione avrebbe dovuto confermare “la certezza” del mio cliente. L’uomo si mostrava solo quando lo desiderava, in atteggiamenti non compromettenti come prendere il caffé al bar e diventava un fantasma che si sottraeva al controllo. Insomma brancolavo nel buio e mentre già pensavo di arrendermi ebbi un’intuizione che risultò vincente.

Avevo conosciuto, durante la presentazione del suo primo libro (Ti presento Syrion), la Dottoressa Gioia Amicarelli.

Di lei, il conduttore della serata, aveva detto che era un vero ponte tra un mondo visibile ed un altro invisibile, una "intermediaria" si schernì.

Il suo libro mi capitò tra le mani proprio mentre l’idea della resa stava per avere il sopravvento.

Perché non domandare aiuto a lei? Confesso che non sapevo da dove cominciare la narrazione e che un certo senso di incredulità mi colse mentre mi sedevo davanti a lei.

Come se mi avesse letto nel pensiero cercò di mettermi a mio agio spiegandomiche esistono persone che hanno percorso numerose vite, esistenze di ricerca fatte anche di sofferenza, così da sviluppare nel presente capacità particolari che la “mente razionale” rifiuta.

Le parlai del perché l’avevo voluta vedere e mi chiese di poter ispezionare i luoghi frequentati dal soggetto e così, senza nulla dire ad alcuno, le diedi appuntamento per il giorno dopo sul posto.

Sfidavo una delle regole dell’investigazione, il committente non deve contaminare la scena del pedinamento.

Il racconto di quell’esperienza lo lascio alla Dottoressa Gioia Amicarelli, in questa stesura a due mani. “Mi feci portare al garage e mi accostai alla serranda ponendo la mano su di essa, le immagini si formarono all’istante: visualizzai una macchina di grande cilindrata di colore scuro con a bordo una persona.

Quello che vidi mi fece sorridere perché era la spiegazione della domanda che arrovellava l’Avv. Muratori… come era possibile che l’uomo scomparisse nel nulla?

A lato del garage c’era un piccolo cancello semiricoperto da edera, al di là di esso dei gradini.

Costrinsi l’Avv. Muratori a fare il giro dell’isolato dopo aver “visualizzato” quei gradini e l’uomo ansimante che li saliva mentre in cima alle scale c’era un altro spiazzo aperto. Fu proprio quello che trovammo dall’altra parte. Respirai profondamente mentre mi guardavo intorno, potevo percepire ancora l’energia di quest’uomo. Sentivo anche che le tracce si fermavano li.”

Fu così che chiesi all’investigatore di controllare quello spiazzo all’aperto, dall’altra parte del solito luogo di osservazione, (gli raccontai che il cliente aveva avuto una “dritta”... ero incredulo del risultato) e finalmente, dopo qualche giorno, il fantasma si materializzò in quello spazio e salì, guardingo, su una macchina nera e di grossa cilindrata che lo attendeva.

Il pedinamento portò i suoi risultati e fu possibile dimostrare l’infedeltà.

La cliente mi interrogò su come fu possibile trovare gli elementi per avviare le indagini e fui ben felice di ammettere che avevo avuto l’intuizione di rivolgermi ad una sensitiva come fa la polizia quando “brancola nel buio”.

Volle conoscerla e davanti ad una tazza di caffè in una nota pasticceria in Prati ci fu una piacevole quanto illuminante “chiacchierata” e Gioia ci spiegò la sua tecnica.

“Tutti siamo fatti di materia ed energia; ecco io mi collego all’energia.

Ogni persona è come se avesse una sua particolare energia che la distingue dalle altre e la rende unica ed attraverso di essa io riesco a percepire e ricostruire frammenti degli eventi che si collegano”.

Come affino le mie capacità? Con la meditazione e la centratura, cerco di aumentare la percezione di me stessa e dell’ambiente che mi circonda”.

Fu spontaneo chiederle di narrarci di qualche esperienza. “Se è vero come è vero che siamo energia, continuò, la percezione che si ha di questa energia può raggiungere oltre quella dei vivi anche quella delle persone che non ci sono più”.

Si rivolsero a me due genitori che avevano il sospetto che la morte della figlia non fosse stata un suicidio ma un incidente.

Mi collegai all’energia della ragazza che mi rivelò alcuni particolari che chiarirono a quei due genitori i contorni e la dinamica di quella triste vicenda.

Guardavamo la nostra interlocutrice affascinati perché può sembrare incredibile, ma se si accetta il presupposto che siamo energia dobbiamo riconoscere che questa non scompare mai e continua ad esistere per l’assioma che nulla si crea, nulla si distrugge e tutto si trasforma.

“Una volta mi contattò il familiare di una persona che era in difficoltà in un paese straniero, distante molte miglia da casa, senza possibilità di mettersi in contatto con la propria famiglia.

Mi chiese se il fratello fosse in pericolo; con lei davanti le immagini presero forma e vidi che era in grave pericolo; ciò che mi diede soddisfazione e mi permise di rassicurare la mia interlocutrice furono non solo le percezioni del suo stato d’animo, i suoi timori, che risultarono esatte come confermò al rientro lui stesso, ma che vedevo dove si era rifugiato in attesa del primo aereo per il rimpatrio, la sala circolare, le persone che erano con lui oltre le emozioni che stava provando e la fuga da quell’inferno di guerra e sangue.”

La visione remota o remote viewin la pratica che consiste nella ricerca di tracce di un obiettivo posto a distanza e mai visto in precedenza, principalmente avvalendosi di percezioni extra sensoriali detti i “cinque sensi” della mente.

La visione a distanza ha una lunga storia, che risale agli antichi greci, ed è stata posta sotto ai riflettori della moderna società dalla CIA, fondatrice di un relativo gruppo di ricerca nei primi anni '70.

Sebbene si creda che alcune persone abbiano una predisposizione alla visione a distanza, chiunque può acquisire e migliorare tale abilità con la pratica e Gioia ritiene che con la meditazione e la concentrazione e soprattutto con il continuo esercizio si possono sviluppare le capacità (lei ama chiamarle cosi, più che facoltà) che portano a vedere oltre le apparenze.

Voglio concludere l’articolo ringraziando Gioia per aver accettato di partecipare a questo esperimento “a due mani” e la Rivista per l’ospitalità.

Lasciatemi credere che oltre a valide figure professionali del campo, nei casi di difficile lettura, talvolta ci si possa avvalere di una tipologia di “esperti” che con il loro intuito e le loro percezioni possono diventare validi supporti nella ricerca, con la consapevolezza che in un’aula di Tribunale la domanda deve essere sorretta da prove oggettive ed inconfutabili.



Avv. Leopoldo Muratori

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