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LA CONVIVENZA DI FATTO E L’ASSEGNO DIVORZILE. RESISTERA’ L’INCOMPATIBILITA’ TRA LORO?

Il principio di diritto, conosciuto e pacifico, è quello in forza del quale una “convivenza di fatto” che venga instaurata dall'ex coniuge, dopo che alla stessa sia stato riconosciuto un “assegno divorzile” fa cessare, definitivamente, il diritto a percepire questo l'assegno.

Tra gli ultimi provvedimenti della Cassazione ad aver confermato questa conseguenza possiamo segnalare l' Ordinanza della Prima Sezione della Suprema Corte di Cassazione - la nr. 5974 del 28 febbraio 2019 (Cons. Rel. Iofrida) che ha stabilito come doveva essere cassata - con rinvio alla Corte di Appello in altra composizione - una sentenza di merito che non si era adeguata agli insegnamenti di questo principio di diritto.

In concreto con l’ordinanza appena citata è stato deciso come la Corte territoriale di Trieste avesse errato nel non elidere l'assegno divorzile, posta la certezza, acquisita agli atti del giudizio, dell'instaurarsi di una convivenza more uxorio in capo all'ex coniuge a suo tempo titolare di un assegno divorzile. Nello svolgere il suo ragionamento la Corte ha ripercorso – confermandolo – il percorso interpretativo delle precedenti sue pronunce in tema (cfr. Cassazione 6855/15, nr. 2466/16, nr. 4649/17 e nr. 2732/18) riaffermando come fosse da considerarsi - pacifico ed incontrastato - il principio, giusto il quale: “l'instaurazione da parte del coniuge divorziato di una nuova famiglia, ancorché di fatto, rescindendo ogni connessione con il tenore ed il modello di vita, caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale, fa venire definitivamente meno ogni presupposto per la riconoscibilità dell'assegno divorzile a carico dell'altro coniuge, sicché il relativo diritto non entra in stato di quiescenza ma, resta definitivamente escluso”.

La convivenza così instaurata dall'ex coniuge, continua la Corte di Cassazione “è espressione di una scelta esistenziale, libera e consapevole, che si caratterizza per l'assunzione piena del rischio di una cessazione del rapporto e quindi esclude ogni residua solidarietà post matrimoniale con l'altro coniuge, il quale non può che confidare nell'esonero definitivo da ogni obbligo”.

Sulla definitiva cessazione dell’obbligo e quindi sull’impossibilità che il diritto all’assegno possa essere ristabilito la Corte si è pronunciata da ultimo con l'Ordinanza della Prima Sezione, la nr. 18111/17 che ha precisato come “non assuma rilievo la successiva cessazione della convivenza di fatto” una volta che questa sia stata intrapresa, dall'ex coniuge beneficiario dell'assegno.

In buona sostanza si può dunque affermare come la convivenza more uxorio sia una vera e propria “causa estintiva” del diritto a percepire – e se posta in essere prima del termine del giudizio ad ottenere - l'assegno divorzile ed in ogni caso sia “causa sufficiente” per ottenere, con il necessario giudizio di modifica, la statuizione di cessazione dall'obbligo di versare l'assegno. Doveroso è ricordare, infatti, come costituisca in questa materia - preciso onere della parte che paga l'assegno divorzile - chiedere al Tribunale Ordinario, di provvedere all'emissione di un provvedimento che - sostituendosi a quello sino ad allora in vigore – modifichi, elidendolo, l'obbligo di versare l'assegno divorzile.

Chiarezza fatta sul punto della “convivenza” come causa estintiva il diritto di percepire l'assegno divorzile, non resta che attendere che il Supremo Collegio assimili agli effetti dell'instaurazione della convivenza, anche quelli connessi alla “nascita di un figlio avuto da una relazione successiva il divorzio” posto come al contrario questo elemento ancora oggi (cfr. Cassazione 10084/19) non sia stato inquadrato tra le cause estintive ex se, ma abbisogni, per avere rilevanza, dell'instaurarsi di una convivenza more uxorio; quando al contrario, non v'è chi non veda, come “la nascita di un figlio, avuto da un altro uomo” come evento successivo alla separazione od al divorzio, non possa che essere considerato anch'esso, ed a maggior ragione, come evento che “rescinda ogni connessione con il tenore ed il modello di vita della pregressa fase di convivenza matrimoniale”. Nel completare la rapida disamina dello stato dell’arte della Giurisprudenza rispetto al confronto tra questi due “diritti” – da un lato quello a vivere la propria vita scegliendo liberamente come e con chi (convivenza more uxorio) successivo al divorzio e quello della “natura” dell’assegno divorzile e degli effetti estintivi di questo Diritto, rispetto all’instaurarsi di una convivenza – non possiamo non sottolineare come l’analisi della Suprema Corte si sia interessata, in questi ultimi tempi, ad approfondire la valenza dei “criteri di attribuzione” dell’assegno divorzile - da ultimo profondamente rivisitata con la pronuncia delle Sezioni Unite nr. 18287/18. Tale approfondimento ha portato i Supremi Giudici - con l’Ordinanza Interlocutoria della Prima Sezione la nr. 28995 del 17 dicembre del 2020 - a considerare necessario un nuovo intervento del massimo consesso interpretativo della Legge - quello assicurato dall’intervento delle Sezioni Unite Civili - anche in riferimento ad un aspetto sino ad ora assolutamente pacifico, come quello in tema di “effetto estintivo della convivenza more uxorio, sul diritto a percepire un contributo divorzile”. Come appena detto, infatti, i principi di Diritto affermati costantemente in tema dalla Cassazione - e ribaditi con la ordinanza nr. 28915 del 17 dicembre 2020 (Cons. Rel. Campese) – consentono di poter affermare come, ad oggi - la convivenza di fatto, instaurata dall'ex coniuge, faccia cessare, definitivamente, il diritto a percepire l'assegno divorzile - ancora, l’ordinanza dianzi citata, nel ribadire tale concetto richiama espressamente le sentenze che, nel corso degli anni, hanno portato al consolidamento del principio, specificando come “l'instaurazione da parte del coniuge divorziato di una nuova famiglia, ancorché di fatto, rescindendo ogni connessione con il tenore ed il modello di vita, caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale, fa venire definitivamente meno ogni presupposto per la riconoscibilità dell'assegno divorzile a carico dell'altro coniuge, sicché il relativo diritto non entra in stato di quiescenza ma resta definitivamente escluso”.

La Corte di Cassazione nel proseguire nel suo doveroso compito di fornire la più corretta interpretazione possibile della Legge, ha affermato una “nuova possibilità di lettura” della specifica norma di legge, che regola l’attribuzione o meno dell’assegno divorzile. Nuova linfa al ragionamento in punto di diritto l’ha fornita la necessità di adattare i “criteri di attribuzione dell’assegno divorzile” al nuovo assetto interpretativo inaugurato dalle Sezioni Unite, con la “messa in soffitta del tenore di vita”.

In tema è intervenuta sempre la Prima Sezione Civile, con l’Ordinanza Interlocutoria - nr. 28995 del 17 dicembre 2020 – cons. Rel. Scalia Pres. Genovese) che ha inteso richiamare l’opera delle Sezioni Unite, sul punto dell’automatica esclusione dell’assegno divorzile, nel caso di intervenuta convivenza more uxorio, osservando come proprio i criteri da ultimo introdotti dalla Sentenza S.U. nr. 18287 del 2018 sull’attribuzione dell’assegno divorzile, impongano di considerare la nuova funzione quella “compensativa” di detto assegno. In particolare si è osservato come sia necessario “dare all’assegno divorzile una lettura (..) che riconosca all’ex coniuge, economicamente più debole, un livello reddituale adeguato al contributo fornito all’interno della disciolta comunione, nella formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale dell’altro coniuge”. Secondo tale pronuncia in particolare “il principio di autoresponsabilità destinato a valere in materia non può escludere, e per intero il diritto, dell’assegno divorzile” ogni qual volta ed in modo automatico - il beneficiario - abbia poi instaurato una stabile convivenza di fatto con un terzo. In altre parole il ruolo compensativo dell’assegno divorzile, riconosciuto recentemente, deve portare il Giudice ad approfondire il tema della sopravvivenza dell’onere alla convivenza laddove l’elemento di compensazione non possa essere escluso. Tale analisi è di competenza del massimo consesso, quello delle Sezioni Unite, alle quali è stato posto lo specifico quesito. Per concludere questa nostra analisi, non resta che osservare come, una tale “nuova” ipotesi interpretativa, sia confliggente con l’ulteriore concetto - da sempre dato per pacifico nell’affrontare i casi di intervenuta convivenza rispetto alla permanenza di un obbligo divorizile - giusto il quale “la formazione di una famiglia di fatto è espressione di una scelta esistenziale, libera e consapevole ed esclude, quindi, ogni residua solidarietà post matrimoniale con l’altro coniuge”.

Avvocato Giorgio Vaccaro


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