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La registrazione di una conversazione anche telefonica quale prova civile e penale

Secondo la giurisprudenza costante, è lecito registrare una conversazione tra persone presenti anche all'insaputa degli stessi. Al contrario, è illecito registrare una conversazione da parte di una persona che non sia presente. Unica eccezione a tale regola si riscontra nella tutela dei diritti dei lavoratori dipendenti


Una delle domande che vengono frequentemente rivolte ad un avvocato è quella della liceità della registrazione di conversazioni ai fini giudiziari. La circostanza si verifica quasi sempre allorché si tratti di questioni matrimoniali, lavorative, giornalistiche o contrattuali (quindi siamo nel campo civile). Ma ciò accade anche in caso di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale, tentativi di estorsioni o usura (e qui siamo nel campo penale). Cominciamo subito con il dire che chiunque partecipa ad una conversazione può tranquillamente registrarla, anche all'insaputa degli altri presenti. Diciamo pure che la registrazione, debitamente trascritta ed asseverata da un tecnico specializzato, ha valore di piena prova sia nel procedimento penale che in quello civile, salvo quanto appresso.

Ciò premesso, la norma da esaminare in materia civile è l'art. 2712 c.c. (Le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime). Dunque l'ordinamento prevede una difesa per la persona che subisca la registrazione a sua insaputa, consistente nella facoltà di disconoscere il contenuto della stessa perché non conforme ai fatti.

Tradotto in termini pratici, questo significa che nel corso di un processo la parte che ha interesse deposita la trascrizione della conversazione unitamente al file che la contiene. La controparte disconoscerà il contenuto della stessa, ma il disconoscimento, da effettuare nel rispetto delle preclusioni processuali, deve essere chiaro, circostanziato ed esplicito e concretizzarsi nell'allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra la realtà fattuale e quella riprodotta. A quel punto la parte che ha interesse sarà tenuta a chiedere una consulenza tecnica d'ufficio di natura fonica onde verificare la corrispondenza tra le voci della registrazione e quelle delle parti processuali. Data l'altissima qualità degli attuali strumenti elettronici, se la registrazione appartiene veramente alla persona che la contesta l'esito è scontato ed il disconoscimento costituisce manovra meramente dilatoria.

Oltre alla presenza di colui che registra e partecipa alla conversazione, la normativa richiede anche che il luogo nel quale avviene la registrazione sia aperto al pubblico. In altre parole, non è utilizzabile in giudizio la registrazione di una conversazione che avviene in una casa o in un luogo ad essa equiparato, quale l'ufficio, il garage e addirittura l'automobile.

Nel campo penale l'art. 234 c.p.p. dispone che:

1. È consentita l'acquisizione di scritti o di altri documenti che rappresentano fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo.

2. Quando l'originale di un documento del quale occorre far uso è per qualsiasi causa distrutto, smarrito o sottratto e non è possibile recuperarlo, può̀ esserne acquisita copia.

3. È vietata l'acquisizione di documenti che contengono informazioni sulle voci correnti nel pubblico intorno ai fatti di cui si tratta nel processo o sulla moralità̀ in generale delle parti, dei testimoni, dei consulenti tecnici e dei periti.”

Anche qui la norma riconosce alla parte che ne ha interesse la possibilità di allegare determinate circostanze mediante riproduzione fonografica, la cui utilizzabilità anche questa volta sarà valutata dal giudice competente. È il caso di precisare che secondo Cass. 13810/19 in tema di prove, la registrazione fonografica di conversazioni o comunicazioni realizzata, anche clandestinamente, da chi vi abbia partecipato o sia stato comunque autorizzato ad assistervi non è riconducibile alla nozione di intercettazione ma costituisce addirittura prova documentale, a condizione che l'autore abbia effettivamente e continuativamente partecipato o assistito alla conversazione registrata.

Così inquadrata la situazione complessiva, emerge la differenza tra registrazioni ed intercettazioni, che richiedono sempre l'autorizzazione del magistrato. Secondo la Treccani giuridica è intercettazione “… quell’operazione di occulta presa di conoscenza del contenuto di una conversazione riservata tra presenti o di una comunicazione inter absentes, anche informatica o telematica, effettuata a scopo investigativo dagli organi inquirenti, sottoposta a controllo giurisdizionale, preventivo o successivo, ed eseguita mediante strumenti tecnici idonei alla captazione ed alla registrazione in tempo reale del dato comunicativo”.

In materia matrimoniale è consuetudine rivolgersi ad un investigatore per verificare la fedeltà o meno del coniuge. Uno dei metodi operativi di tale professionista consiste nel collocare una microspia con GPS nell'automobile della persona osservata, onde seguirne i movimenti e fotografare eventuali incontri clandestini. Le fotografie, la relazione e l'eventuale testimonianza dell'investigatore privato sono perfettamente valide ai fini giudiziari. Incredibilmente però la collocazione della "cimice" concreta gli estremi del reato di interferenza illecita nella vita privata, perseguibile a querela. Ovviamente la querela sarebbe sporta contro ignoti, il che significa che sarebbe onere della parte offesa dimostrare la riconducibilità della microspia all'investigatore o al coniuge.

Per concludere ed in deroga a tutto quanto sopra esposto, in materia lavoristica, notoriamente caratterizzata da un favore del legislatore nei confronti del lavoratore dipendente, devono obbligatoriamente essere menzionate le due sentenze 11322/18 e 27424/14, apparentemente contraddittorie. Secondo tali pronunce un lavoratore dipendente può registrare una conversazione tra colleghi di lavoro, perfino se non partecipi alla stessa, solo nel caso in cui tale registrazione sia strettamente necessaria per difendere i propri diritti in tribunale, ad esempio nel caso di licenziamento illecito. Di contro, qualora il diritto del lavoratore non sia effettivamente minacciato e non ci sia una situazione conflittuale sul lavoro che lo riguardi direttamente, allora la registrazione è considerata illecita, non utilizzabile in giudizio ed il dipendente può essere licenziato.


Avv. Aurelio Padovani

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