La nuova dinamica del vivere sociale, conseguente all’emergenza sanitaria che tiene sotto scacco il mondo intero, ha portato ad una riscoperta del valore dei rapporti umani.
Nella recente quotidianità, intrisa di incertezze e solitudine, hanno assunto un ruolo sempre più importante gli strumenti digitali, che hanno consentito il proseguimento dei contatti sociali nonché delle attività lavorative e scolastiche durante il lockdown ed oltre.
Tuttavia, in un contesto di cambiamento e di isolamento forzato, è mutata anche la criminalità, che si è ben presto adeguata alla situazione emergenziale, ricercando nuovi canali di insediamento.
Non a caso, nei mesi passati abbiamo assistito ad un brusco aumento delle truffe online, che si sono innestate proprio in quegli ambiti che sono stati resi più vulnerabili dall’emergenza sociale e sanitaria.
A tal proposito, la Polizia Postale ha registrato un numero pari a 98.000 casi di truffe online trattate nel corso del 20201 . In particolare, nei primissimi mesi dell’anno tali truffe hanno riguardato vendite fittizie di dispositivi di protezione individuale (mascherine, guanti, liquidi igienizzanti), attraverso la creazione di siti di e-commerce fraudolenti atti allo smercio di tali prodotti, per poi spostarsi nell’ambito delle raccolte fondi destinate all’emergenza, attraverso le quali le vittime, desiderose dipartecipare alla beneficienza, si prodigano nell’eseguire bonifici o versamenti apparentemente destinati alla lotta al Covid-19, ma in realtà indirizzati all’autore della truffa.
Sempre nell’ottica di sfruttare la vulnerabilità dei soggetti più colpiti dall’emergenza sanitaria e sociale, anche a seguito della chiusura dei luoghi di lavoro, sono aumentate esponenzialmente le truffe consistenti nella pubblicazione di falsi annunci di lavoro.
Un tale fenomeno si è sviluppato per il tramite di variegate modalità criminose, talvolta dirette a conseguire profitti illeciti dagli aspiranti candidati (denaro, identità digitale, dati sensibili), come ad esempio avviene nel caso della richiesta di denaro al soggetto per supposti corsi di formazione prodromici all’inizio dell’attività lavorativa, in altri casi volte a servirsi dell’attività del cittadino inconsapevole per la realizzazione di condotte delittuose che spesso vanno ben oltre la consueta truffa (ad esempio riciclaggio di denaro).
Nell’ambito delle truffe online sviluppatesi nel corso dell’anno passato, un ruolo significativo hanno assunto le c.d. truffe sentimentali o romantiche, che si sono realizzate proprio sfruttando la più spiccata capacità ingannatoria maturata nei confronti di soggetti resi vulnerabili dall’isolamento forzato e dalla condizione di incertezza e precarietà vissuta.
La stessa caratterizzazione giuridica del delitto di truffa permette di cogliere l’importanza del ruolo della vittima in tale reato, la cui profilazione risulta in concreto determinante.
Invero, la truffa è un reato che, nell’ambito della generale categoria dei reati contro il patrimonio, si colloca nella sottocategoria dei delitti con cooperazione artificiosa della vittima.
Questi ultimi, infatti, si caratterizzano proprio per il ruolo che va ad assumere lapersona offesa nell’ambito della commissione del reato, perché quest’ultima non si limita a subire passivamente la condotta delittuosa, bensì è essa stessa che coopera nel reato ponendo in essere un atto di disposizione patrimoniale ai propri danni.
Allora, non può non risultare evidente come, incidendo il reato in esame sulla libertà di autodeterminazione della vittima, la capacità manipolativa dell’autore del reato e la possibile vulnerabilità della persona offesa giochino un ruolo essenziale nello svilupparsi di tali condotte criminose.
Più nello specifico, per quel che attiene alla manipolazione posta in essere dal reo, può ripercorrersi il tipico modus operandi rinvenibile in questo particolare tipo di truffa, che inizia dalla profilazione della vittima e giunge ad una vera e propria manipolazione psichica.
L’autore del fatto criminoso inizia la sua strategia persuasiva proprio per il tramite dello studio della personalità della vittima, oggi resa agevole dai numerosi social network e dagli innumerevoli siti di incontri.
Una volta carpite informazioni sugli interessi, le passioni, ma anche le fragilità della vittima prescelta, il truffatore instaura una relazione virtuale con la persona offesa, spesso basata sulla condivisione di interessi e/o sofferenze e sulla comprensione reciproca. Una volta stabilito un rapporto fiduciario con la vittima, normalmente si susseguono rappresentazioni fittizie di situazioni di emergenza o di necessità per la cui risoluzione si rendono necessarie dazioni di denaro. Da qui derivano gli atti di disposizione patrimoniale da parte della vittima, la cui libertà del consenso è ormai irrimediabilmente incisa dagli artifizi o raggiri posti in essere ai suoi danni2 .
Proprio per quel che concerne la posizione della vittima, emerge in tutta evidenza come la particolare condizione di quest’ultima, determinata da una fragilità di fondo, ovvero da una situazione contingente (quale ad esempio quella connessa all’isolamento forzato a causa delle restrizioni per il contenimento della pandemia), possa contribuire ad accrescere le possibilità di successo della manipolazione psicologica posta in essere dal reo.
Per l’importanza rivestita dalla condizione della persona offesa, infatti, numerose ricerche, anche in ambito internazionale, si sono adoperate al fine di identificare le tipologie di vittime della truffa sentimentale, tramite l’analisi comparativa delle caratterizzazioni personali di coloro che in concreto hanno subito la frode. In particolare, è emerso che, nell’esame delle caratteristiche personali più ricorrenti che si sono riscontrate nello studio, spiccano soggetti di indole collaborativa e sensibili alla lusinga, che infatti è spesso utilizzata per carpire la fiducia dell’adescato.
Inoltre, la vittima modello è spesso generosa, ragion per cui poi si prodiga nell’aiuto economico a favore del reo, e anche particolarmente affascinata dai valori morali millantanti dal truffatore, che contribuiscono nel maturare in lei quella fiducia cieca nei confronti di quest’ultimo3 .
Tutte queste caratteristiche, allora, possono essere ben amplificate da una situazione di solitudine o di smarrimento, in cui la vittima perde il contatto con la realtà e perde ulteriore lucidità.
Al di là dell’attuale situazione emergenziale che ha portato ad un netto aumento delle truffe sentimentali, questo era un tema già noto alla giurisprudenza, sia di merito che di legittimità, che ha delineato, in alcune sue pronunce, i requisiti fondamentali affinché tali condotte acquistino rilevanza penale, risultando ascrivibili nella fattispecie di reato di cui all’art. 640 c.p..
In una recente sentenza, infatti, la Suprema Corte4 ha definito gli elementi costitutivi del reato di truffa nei casi di manipolazione psicologica dei sentimenti della vittima, sottolineando come la condotta delittuosa non si apprezza per l’inganno riguardante i sentimenti dell’agente rispetto a quelli della vittima, bensì per la complessiva situazione artefatta posta in costruzione dal soggetto agente, idonea a far confondere il falso con il vero, incidendo sulla psiche della vittima.
Per integrare il delitto di truffa è necessario che un simile contegno fattuale integri l’elemento oggettivo del reato in esame, che deve seguire la precisa sequenza delineata dal legislatore. Infatti, agli artifizi o raggiri che inducono in errore la persona offesa, deve seguire l’atto di disposizione patrimoniale di quest’ultima, con conseguente danno patrimoniale per sé stessa e profitto ingiusto per l’agente.
Di conseguenza, risulta necessario accertare, ai fini della verifica sulla sussistenza dell’elemento oggettivo del reato, l’idoneità truffaldina degli artifizi o raggiri ed il nesso causale fra l’inganno e l’errore della vittima, che per il tramite di tale inganno si determina ad una scelta patrimoniale che altrimenti non avrebbe mai compiuto.
Ebbene, come la Suprema Corte ha cura di precisare, bisogna distinguere, a questi fini, fra le condotte ingannatorie consistite nel simulare sentimenti d’amore che inducono a compiere atti dispositivi pregiudizievoli, che di per sé soli non possono considerarsi reato, e il più complesso sistema simulatorio idoneo a creare un erroneo convincimento nella psiche della vittima, che di fatto può integrare gli estremi degli artifizi o raggiri puniti penalmente.
Corollario di una tale statuizione è che, se l’inganno circa i sentimenti nutriti verso la vittima non basta ad integrare il reato in esame, la menzogna circa i sentimenti provati in unione ad una manipolazione esterna della realtà o ad un’attività simulatrice atta a far scambiare il falso con il vero possono essere idonei ad integrare la truffa, ingenerando nella persona offesa la falsa convinzione circa la bontà di un rapporto sentimentale su cui si innestano le disposizioni patrimoniali, che sono proprio il frutto della condizione di erroneo convincimento in cui si trova la vittima.
Grazie all’elaborazione giurisprudenziale, allora, siamo in grado di identificarei requisiti imprescindibili affinché possa configurarsi una truffa sentimentale penalmente rilevante ai sensi dell’art. 640 c.p., che tutti devono sussistere simultaneamente per integrare gli elementi costitutivi del reato5 .
Infatti, accanto alla necessaria portata fraudolenta della condotta, per cui, come si è detto, può dirsi che vi sia inganno solo laddove vi sia un’alterazione della realtà esterna o una menzogna corredata da ragionamenti idonei a farla scambiare per realtà, un secondo aspetto fondamentale concerne il rapporto causale fra errore della vittima e atto di disposizione patrimoniale. È,cioè, necessario che la situazione di errore in cui si trova la vittima sia proprio ciò che ha comportato l’atto di disposizione in favore del suo carnefice, essendo qui assolutamente rilevante provare che essa non avrebbe mai posto in essere l’atto di disposizione pregiudizievole se la sua libertà di autodeterminazione negoziale non fosse stata coartata dall’errata convinzione ingenerata dal reo circa la relazione sentimentale fra gli stessi sussistente.
In ultimo, per quel che concerne l’elemento soggettivo e più nello specifico il dolo, la giurisprudenza ha avuto modo di affermare che esso deve essere presente fin dal momento inziale della condotta, nel senso che il supposto truffatore fin dal principio deve aver voluto ingannare la vittima con il fine di ottenere dalla stessa, per trarne illecito profitto, una prestazione patrimoniale per essa dannosa.
Nelle intenzioni della giurisprudenza, quindi, emerge chiaro il proposito di tutelare le vittime di questa particolare tipologia di truffa commessa per il mezzo di social network o di altri strumenti di comunicazione di massa, ormai in costante aumento e dotata di spiccata pericolosità, andando a delineare con rigore quelli che sono i presupposti per l’integrazione del reato di cui all’art. 640 c.p..
Tuttavia, l’elaborazione giurisprudenziale sembra anche riservare particolare cura nel mantenere chiaro il confine tra area del penalmente lecito e area di rilevanza penale, così da evitare, per il tramite del delitto di truffa, di esercitare un sindacato su condotte che attengono più propriamente alle relazioni sociali e che sono quindi certamente estranee alle finalità della fattispecie incriminatrice.
Avv. Flaminia Caldani
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