La tecnologia negli ultimi trent’anni ha fatto passi da gigante, se pensiamo che il fax è nato nel 1987 e che i primi telefoni mobili apparsi negli anni’90 erano più simili ai walkie talkie, mentre oggi con un orologio od un telefono cellulare, tramite l’applicazione wireless, si può pagare un pranzo al ristorante o fare un versamento in banca.
L’avvento di grande gestori del web, con i motori di ricerca Google, Yahoo, Mozilla, hanno permesso a tutti, in ogni parte del mondo, di disporre della cosiddetta posta elettronica che, in tempo reale, ci collega e ci fa interagire con un click, insieme alla possibilità di accedere a teatri, a sale da concerto, a musei, a cattedrali dove si celebrano funzioni religiose, a campi di calcio, ad anfiteatri da tennis, per seguire “in diretta” eventi che avvengono ovunque sul pianeta Terra.
Se da un lato la tecnologia aiuta per il fattore tempo i campi della medicina e dei trasporti, annullando distanze e copiosi quanto interminabili studi sui libri ed enciclopedie, da un altro provoca danni a causa di applicazioni e circuiti che inducono a partecipare in apparenza a dei giochi, ma che in realtà sono lo strumento per la diffusione di reati.
Iniziamo con il Cyber, la connessione in rete con applicazioni, che tutti i ragazzini di oggi dal computer al telefonino usano per studiare, leggere, vedere un film, che nasconde dietro la facciata un fenomeno sociale gravissimo il c.d. “cyber bullismo”.
I più scaltri tra gli adolescenti dai tredici ai quindici anni fanno di questa applicazione il teatro delle loro scorribande a danno dei compagni ed amici più deboli. Si scattano fotografie, si pubblicano oscenità, si usa il turpiloquio e la bestemmia e le vittime “cadono nella rete” come in una tela di ragno dalla quale è difficile venirne fuori.
La legge n. 17 del 2017 ha posto un freno ad alcuni tipi di reato connessi con il Cyber-bullismo, ma l’“adescamento di minori” e la “pedopornografia”, nonostante la riforma di alcuni articoli del codice penale, restano sempre difficili da perseguire e da riconoscere.
I giochi elettronici, che apparentemente invitano ad una partita a carte, sono il trampolino di lancio per le scommesse clandestine. Da un bar si telefona ad un amico e gli si propone la scommessa su una vittoria della squadra di calcio, poi si inserisce la scommessa su un numero che fa da “sala scommessa” e, quando alla fine si vince, scatta il reato perché’ il malcapitato deve indicare il numero di conto dove desidera ricevere il danaro.
Oltre al “furto” dei dati personali, dietro questo reato si nasconde purtroppo il “riciclaggio di denaro” perché’ una volta appropriatisi dei codici bancari o postali delle vittime, gli autori del reato “puliscono” il danaro ricevuto, con spostamenti liquidi in svariati conti, nelle ore notturne, dall’Europa al Sud America senza trascurare paradisi fiscali come Tonga e Samoa.
La tanto vituperata Vanna Marchi, che negli anni ’90 “vendeva prodotti su televisioni locali”, non è minimamente paragonabile alle truffe online, dall’aspirapolvere al quadro antico, dal materasso comfort al telefono cellulare di ultima generazione. È molto semplice carpire la “buona fede” dell’ignaro compratore che, sempre con un click, fornisce dati personali di cui si appropriano i malfattori dall’altra parte del tablet, del computer o del telefonino.
Chi credeva di aver acquistato un robot elettrico che pulisce la casa con un timer, si è ritrovato ad avere una scopa elettrica di modico valore; chi aveva comprato il mobile nascondi-tutto, si è ritrovato con un compensato e trucioli da montare senza chiodi.
Anche qui il reato nascosto è “ l’appropriazione indebita” del danaro riscosso impunemente sul prezzo non corrispondente all’acquisto fatto, soprattutto con le “comode rate mensili” di irrisorio importo che trascinano i malcapitati in quasi il quadruplo da sborsare sull’effettivo prezzo del prodotto.
Fin qui le cose di tutti i giorni, ma più si entra nel mondo virtuale e più i reati divengono giganteschi.
La legge sulla Privacy ha posto un paletto sulle modalità di inserimento dei dati personali e la legislazione europea ha guardato oltre i confini per dettare una normativa che fosse uguale in tutti e 29 gli stati membri sulla definizione del reato, sul regime da adottare per i colpevoli, sulle pene da applicare.
Il revengeporn si è rapidamente diffuso per la semplicità di attuazione.
I giovani, che morbosamente socializzano con WhatsApp, Messenger, Facebook ed Instagram, postano una fotografia “osé” di una ragazza che poi “tormentano” con ricatto in danaro per evitare che la foto sia diffusa sul web.
Le vittime, per vergogna o incoscienza, vengono “torturate psicologicamente” per consegnare il denaro al carnefice ed anche qui il reato che si nasconde dietro questa forma di truffa è “l’estorsione”.
Ultimo accenno al reato di romantic-scam, “le truffe dei sentimenti” che hanno conseguenze devastanti per le vittime.
Le cosiddette “truffe romantiche”, romantic-scam, si connotano per il fatto che le manifestazioni menzognere operate dal soggetto agente circa i propri sentimenti, apparentemente nutriti nei confronti della vittima, distruggono la psiche di quest’ultima, inducendola a compiere, in conseguenza dell’inganno, atti di disposizione patrimoniale a favore dell’agente soggetto attivo del reato.
Sentirsi amato/a fino allo spasimo come mai era accaduto prima “è la donna della mia vita”, “io ho amato solo te che mi hai insegnato tutto”, lasciano trasparire l’induzione psicologica che occulta i reati di “circonvenzione d’incapace” e la cosiddetta “riduzione in schiavitù ”, oltre naturalmente all’estorsione di denaro o peggio alla disposizione di ingenti patrimonio in favore dell’amato bene.
La legislazione europea nel 2019 ha adottato una risoluzione comunitaria la n.43 affinchè questo nuovo reato sia delimitato nelle sue dimensioni che ha raggiunto cifre spaventose, 30.000 vittime in un anno in Stati come la Francia, l’Italia e la Germania.
Alla luce di queste brevi considerazioni, tracciando solo una pennellata di reati moderni, che coinvolgono soprattutto i più deboli e indifesi, i minori prima di tutto, non posso che augurarmi che tutti insieme, genitori, operatori del diritto, insegnanti, psicologi e neuropsichiatri lavorino in squadra per evitare l’invischiamento in una rete che divora senza pietà la psiche ed apporta danni indescrivibili che difficilmente possono curarsi con terapie farmacologiche e mediche. Il gioco virtuale ha il suo fascino, la tecnología è di aiuto, “navigare con la testa” è il modo migliore per usufruire in maniera corretta di pc e telefoni cellulari e sognare con il cuore ad occhi aperti.
Avv. Gigliola Marchi
Comments