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Dimostrare 5 numero

Editoriale


Questo numero della rivista Dimostrare è dedicato all’uso dell'intelligenza artificiale (AI) all’interno del sistema giudiziario, nelle attività legali così come in quelle investigative.

L'intelligenza artificiale (AI) è il tema del momento. Evidentemente, oggi non si tratta più di chiedersi se vi sia l'opportunità di introdurre l’intelligenza artificiale nel sistema giudiziario ed a supporto delle attività di indagini di polizia. È già così, irreversibilmente! L'intelligenza artificiale è già presente ovunque. Ma è molto importante, quando si fanno le scelte decisive su come sviluppare l’intelligenza artificiale nel sistema giudiziario, prendersi il tempo per porsi alcune domande che possono determinare queste scelte.

La giustizia ha resistito a lungo all’introduzione dell’intelligenza artificiale nel suo ambito operativo, per buoni motivi come per cattivi motivi. Si è opposta a lungo al suo utilizzo, anzitutto perché vede in esso l'antitesi della filosofia che tradizionalmente guida il giudice. L'intelligenza artificiale mira a razionalizzare e massificare il trattamento dei dati con la conseguenza di omogeneizzarne i risultati. La giustizia dovrebbe dare ad ogni caso una risposta personalizzata che tenga conto delle particolarità della singola questione. Ma l'utilizzo tardivo dell’intelligenza artificiale è legato anche ad altri fattori, meno simbolici: non è ovviamente assente la questione dei mezzi e dei costi, ma vi è anche un timore, a volte irragionevole, che la macchina segnerà la fine della sacralità della giustizia.

Questo ritardo nella penetrazione dell'intelligenza artificiale nelle operazioni giudiziarie mette paradossalmente la giustizia in una situazione di vulnerabilità molto maggiore, rispetto ad altri settori, di fronte ai progressi tecnologici. Infatti non ha avuto il tempo di sviluppare una riflessione complessiva, non ha avuto l'opportunità di abituarsi e di padroneggiare gradualmente i nuovi strumenti. Ecco perché oggi è fondamentale prendersi questo tempo. I giuristi, i legislatori, magistrati ed avvocati, fisici, ingegneri e matematici, dovrebbero affrontare urgentemente la questione per individuare in quali specifici settori della giustizia avvalersi dell’intelligenza artificiale, per comprendere ove questa potrà condurci e quali precauzioni si dovranno osservare. Perché ritengo che per unire giustizia e intelligenza artificiale, debbano prima unirsi le donne e gli uomini che la gestiscono.

L'introduzione dell'intelligenza artificiale nella giustizia è attesa da un gran numero di attori, che confidano in progressi molto tra loro. Gli attori nel settore della giustizia sono infatti molteplici. Giudici, avvocati, consulenti tecnici, cancellieri e ufficiali giudiziari. Vi è infine il Ministero della Giustizia, progettista e fornitore degli strumenti di giustizia.

Quindi, se tutti gli attori invocano - più o meno fortemente - lo sviluppo dell'intelligenza artificiale all'interno del sistema giudiziario, in realtà si aspettano risultati diversi, che non sempre convergono.

Possiamo riassumere i principali le aspettative legate all'introduzione dell'intelligenza artificiale nella giustizia.

Innanzitutto la certezza giuridica. Sempre più avvertita è la necessità di razionalizzare la decisione giudiziaria, di consentire una migliore standardizzazione e quindi una maggiore certezza del diritto. È anche vero che la certezza dovrebbe essere insita nel diritto, tanto che la certezza del diritto possa definirsi una tautologia. Come ha osservato l’eminente giurista francese Boulouis nel suo articolo “Quelques observations à propos de la sécurité juridique”, in “Du droit international au droit de l'intégration”: “La formula «certezza del diritto» suona davvero come una sorta di stonatura, tanto è evidente che un diritto che non assicuri la sicurezza dei rapporti che governa cesserebbe di esserlo. Possiamo immaginare una legge che organizzi l'insicurezza, o addirittura la renda possibile?

Tuttavia, le decisioni giudiziarie sono, per loro natura, soggette a variazione in quanto scaturiscono dalla necessità per il giudice di adattarsi a ciascuna situazione. Talvolta posso variare anche per motivi inconsci, legati alla persona del giudice, alla sua educazione, alle sue convinzioni, alla sua personalità, fattori che possono incidere, anche involontariamente, sulla decisione. Molti studi dimostrano che sulle motivazioni della sentenza possono influire lo stato d’animo del giudice, il suo egocentrismo, l'influenza dei media e la pressione dell’opinione pubblica.

Di fronte a ciò che è spesso qualificato come pericolo, esistono molteplici garanzie. La collegialità, prima di tutto, elemento essenziale del controllo interno, poi la giurisprudenza che unifica l'interpretazione dei testi. Ecco allora che l’intelligenza artificiale potrebbe consentire di affinare questa funzione unificante e rassicurare così coloro che ritengono essenziale avere una giustizia che garantisca l’autonomia della soluzione, in una concezione dell'affidabilità basata sull'uguaglianza e sulla certezza.

Quasi all'opposto di questo primo obiettivo, l'uso dell'intelligenza artificiale tende a limitare il fattore umano che in determinate circostanze, può risultare di fondamentale importanza nella motivazione della sentenza. Tale adattamento al caso specifico spiega perché il primo requisito atteso da una decisione giudiziaria consiste sulle basi della sua motivazione. La qualità della decisione dipende principalmente dalla qualità della motivazione. Rendere una decisione adattata al caso specifico non significa ovviamente rendere una decisione senza un quadro giuridico. Qualsiasi decisione deve essere l'attuazione di questo quadro giuridico. La difficoltà del lavoro del giudice, il famoso sillogismo giudiziario, consiste quindi, in ogni caso, nel definire la situazione, determinare il quadro giuridico applicabile e trarne le conseguenze secondo le specificità di ciascun caso.

Ecco così, che uno dei dibattiti in corso in tutto il mondo, riguardo l’uso dell’intelligenza artificiale nel sistema giudiziario, verte proprio su questa dicotomia: omogeneizzazione del giudizio e valutazione umana.

La mia modesta opinione è che si può garantire l’autonomia del giudice anche supportandolo con gli strumenti che l’intelligenza artificiale mette a disposizione. Il progresso tecnologico non deve mai spaventare. L'intelligenza artificiale può supportare il giudice fornendo banche dati complete e sistemi di ricerca efficienti, consente al giudice di beneficiare di strumenti operativi per compiere la sua missione in tutta la sua diversità.

L’intelligenza artificiale può essere di enorme supporto anche nel risolvere il problema della lentezza della risposta giudiziaria, probabilmente una delle critiche più forti mosse alla magistratura e problematica molto avvertita in Italia. Tra i vari motivi che rendono la giustizia intrinsecamente lenta vi è il fatto che la sua credibilità si basa sul rispetto delle procedure - atti, scadenze, rispetto del contraddittorio - macchinose e lunghe.

Comunque tale lentezza comporta una grande preoccupazione, insopportabile per chi non ha altra scelta che dipendere dall'istituzione giudiziaria, in particolare per un atto della propria vita quotidiana: divorzio, controversia di vicinato, o qualsiasi altra circostanza in la cui vita è sospesa in attesa di una decisione del tribunale, civile o penale che sia. Tuttavia, tra i principali motivi della lentezza vi sono anche i mezzi della giustizia, e in particolare il numero di cause per magistrato e cancelliere. In questo contesto, l'uso dell'intelligenza artificiale potrebbe consentire di accelerare il lavoro giudiziario. Può snellire il disbrigo delle procedure a monte, o anche di consentire una risposta accelerata a casi ritenuti "di routine", come il recupero del credito o le violazioni del codice stradale.

Come accennavo precedentemente, molti attori concorrono alla formulazione di una sentenza giudiziaria. Determinante è il lavoro svolto dagli avvocati. L’intelligenza artificiale non potrà mai vestirsi di professionalità, tale caratteristica è esclusiva di ogni legale, della sua esperienza, delle sue capacità, della sua empatia, della sua personalità, della sua abilità espositiva e di incidere emotivamente nel corso di un processo giudiziario. L’intelligenza artificiale mai potrà intaccare tali caratteristiche, potrà invece supportare l’avvocato fornendogli strumenti di conoscenza accessibili ad altissima velocità. Pensiamo, ad esempio, quale supporto può fornire ad un avvocato nella stesura di contratti particolarmente complessi e come può eliminare qualsiasi forma di errore al loro interno. Il tutto ad altissima velocità e quindi con considerevole risparmio di tempo. E lo sappiamo, il tempo è denaro, ma non solo!

In questo numero della rivista Dimostrare, intervistiamo il Prof. Avv. Alessandro del Ninno, membro del corpo docente del Master di II Livello in Informatica Giuridica, nuove tecnologie e Diritto dell’Informatica, organizzato dall’Università degli Studi di Roma La Sapienza, professore di Informatica Giuridica presso la LUISS Guido Carli di Roma, Avvocato partner dello Studio Legale Tonucci & Partners, Presidente del Comitato Scientifico dell’Associazione Nazionale per la protezione dei dati personali, membro del Comitato Scientifico dell’Istituto Italiano Privacy, autore di oltre 150 tra libri, trattati, monografie, saggi e articoli su tematiche legate all’Information & Communication Technology, all’Intelligenza Artificiale e alla Data Protection, Proprietà Intellettuale e Industriale, Telecomunicazioni e Diritto dei Consumatori. Ringrazio di cuore il Prof. Avv. Alessandro del Ninno per il Suo prezioso e autorevole contributo nell’affrontare una tematica molto innovativa, quale per l’appunto l’utilizzo dell’intelligenza artificiale nel sistema giudiziario.

Per quanto mi riguarda, in un articolo presente sul presente numero di Dimostrare, analizzerò a grandi linee il quadro attuale relativo all’utilizzo dell’intelligenza artificiale nei vari ordinamenti giudiziari ove tale utilizzo ha già mosso i suoi primi passi.

Prima di lasciarvi alla lettura degli interessanti articoli che compongono questo numero della rivista Dimostrare ed in relazione ai quali ringrazio sentitamente ogni autore, vorrei porre la Vostra attenzione sulla copertina di questo numero. È frutto del qualitativamente eccellente lavoro del grafico, il dott. Roberto Fagiolo, ed è realizzata con quadri prodotti con l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, così come tutti i volti che compaiono nella pagina qui accanto. Realistici, ma sono fotografie riprodotte con l’ausilio dell’intelligenza artificiale.

Insomma, nel futuro ne vedremo delle belle! Non è certamente finita qui! Come diceva Bertol Brecht: “Ciò che oggi scriviamo sulla lavagna, domani lo cancelleremo!

Luca Leonardo D’Agostini

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