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L'ultimo erede la trono dell'Impero Russo

Il 12 agosto 1904, nella famiglia imperiale, nacque il tanto atteso erede al trono, lo zarèvič Aleksej. Ciò accadde quasi dieci anni dopo il matrimonio di Nikolaj Aleksandrovič e Aleksandra Fëdorovna.

Ma non passarono neanche sei settimane, che la felicità della famiglia reale fu offuscata: al principe ereditario fu diagnosticata l'emofilia, contro la quale all'epoca la medicina era impotente.

In qualsiasi altra famiglia, Aleksej non sarebbe sopravvissuto affatto. All'inizio del XX secolo, l'aspettativa di vita media del paziente con emofilia grave era di 13 anni, ma nella famiglia reale, dove gli inservienti erano costantemente in servizio, la probabilità di una vita più lunga era molto alta. Aleksandra Fëdorovna era seriamente preoccupata per suo figlio, da qui la decisione di affidarsi a Rasputin, il quale sapeva davvero come far smettere di sanguinare il suo bambino.

Nonostante tutto, il principe ereditario crebbe come un ragazzo allegro, comprensivo e dolce, pieno di sentimenti. Aveva un orecchio musicale eccellente, ma, a differenza delle sue sorelle che amavano il pianoforte, preferiva la balalaika e la suonava davvero molto bene.

I suoi contemporanei lo hanno descritto come estremamente semplice e sincero nella comunicazione. Il suo sguardo chiaro e aperto suscitò in tutti quelli che lo vedevano un sentimento di profonda compassione.

Aleksej era dotato di una mente pronta, di uno spirito rapido e di un cuore gentile. Comprendeva rapidamente l'essenza anche della conversazione più seria, e al momento giusto trovava la risposta adatta altrettanto rapidamente.

Durante la guerra, suo padre, lo Zar Nicola II (Nikolaj II) portò spesso con sé Aleksej durante le visite al quartier generale ed al fronte. A causa dell'amore del ragazzo per tutto ciò che era militare, questi viaggi erano il suo passatempo preferito. Fin dall'inizio, i soldati russi rimasero colpiti dal fatto che il principe ereditario era vestito con una semplice uniforme da soldato, il che indicava la modestia e la semplicità dell'erede al trono e dei suoi genitori.

La malattia aveva conferito al ragazzo un'enorme forza di volontà. Sin dalla tenera età, Aleksej aveva una personalità molto forte ed un piglio di ferro e ciò può essere ben inteso da queste due frasi, pronunciate dal giovanissimo principe ereditario: "Quando diventerò Zar, non ci saranno né poveri né miserabili. Voglio che tutti siano felici" e "Ho capito cos'è una bugia. Se diventassi Zar, nessuno oserebbe mentirmi. Vorrei portare ordine in questo Paese".

Prima della guerra, nella famiglia imperiale tutto andava più o meno bene: la famiglia trascorreva più tempo nel "Tsarskoje Selo", il Palazzo di Caterina che oggi fa parte della reggia nella cittadina di Puškin. La famiglia reale cercava di trascorrere meno tempo possibile nel Palazzo d'Inverno, in quanto era troppo grande, pieno di correnti d'aria ed i bambini lì spesso si ammalavano. In estate, trascorrevano tutti insieme il loro tempo sullo yacht imperiale "Standart".

La famiglia reale si recava raramente all'estero. Per due volte le sorelle di Aleksej visitarono i loro parenti in Germania e in Inghilterra, viaggiando in treno o sulle navi imperiali.

In conformità con l'alta posizione dei membri della famiglia imperiale, la questione della loro istruzione e della formazione era attentamente studiata. Fin dai tempi dell'imperatore Nicola I (Nikolaj I), l'educazione generale dei membri della famiglia aveva lo scopo di ampliare i loro orizzonti e soprattutto per quanto riguardava l'erede al trono. Nella preparazione del futuro Imperatore, il quale avrebbe dovuto essere capace di gestire un enorme Paese, erano coinvolti principalmente professori universitari e personalità importanti in grado di gestire i vari dipartimenti militari e navali.

La vita della famiglia non era particolarmente lussuosa. I genitori temevano che la ricchezza e l'ozio rovinassero il carattere dei bambini. Le figlie vivevano a due a due in una stanza, da una parte del corridoio c'era la stanza con la coppia di sorelle maggiori, dall'altra parte una stanza con la coppia delle sorelle minori. Nella stanza delle sorelle più giovani, le pareti erano dipinte di grigio, il soffitto era dipinto con farfalle, i mobili erano bianchi e verdi, semplici e non sofisticati. Le ragazze dormivano su letti militari piegati, ognuno dei quali era etichettato con il nome della proprietaria, sotto spesse coperte blu, decorate con un monogramma. Questa tradizione fu istituita ai tempi di Caterina la Grande (Ekaterina II). I letti potevano essere facilmente spostati per essere più vicini al caldo in inverno e vicino alle finestre aperte in estate. Nelle stanze ognuna ragazza aveva un piccolo comodino e divani con piccole imbottiture ricamate. Le pareti erano decorate con icone e fotografie.

Le cronache dell'epoca ricordano che le figlie dell'Imperatore rimasero in gran parte estremamente ingenue. Ciò fu dovuto anche dal fatto che la loro madre, Aleksandra Fëdorovna, era una donna nervosa e facilmente emozionabile, cercava costantemente di proteggere le sue figlie da quello che considerava il crudele mondo esterno. Tutti i libri che gli insegnanti intendevano fornire alle ragazze, era necessario fossero prima mostrati alla madre per ottenere la sua approvazione.

Apparentemente, questo è il motivo per cui i figli della coppia imperiale erano caratterizzati dall'ingenuità verso la vita reale. Ciò spiega completamente l'atteggiamento di tutte e quattro le sorelle nei confronti di una persona così ambigua come Grigorij Rasputin.

Rasputin fu presentato all'imperatrice Aleksandra Fëdorovna il 1° novembre 1905. La disperazione fece credere all'Imperatrice dell'efficacia delle preghiere di Rasputin per la salvezza di suo figlio.

La malattia di Aleksej fu mantenuta segreta e per questo motivo l'apparizione a corte di un uomo così strano come Rasputin, non riuscì all'epoca a trovare una spiegazione e provocò ogni sorta di ipotesi e pettegolezzi.

Ma chi davvero il vecchio Rasputin? Non era un politico né un nobile ma solo un semplice contadino, il quale per lungo tempo mantenne l'intera corte reale russa in uno stato di trance ipnotica.

Rasputin era considerato un profeta pur non avendo ricevuto alcuna istruzione e non svolgendo alcuna professione. Nel suo villaggio natale, era conosciuto come una persona che possedeva poteri soprannaturali, in particolare la capacità di guarire e prevedere. Sentito parlare di questo, i membri della famiglia reale lo invitarono a corte. Rasputin curò Aleksej con erbe e preghiere e, stranamente, le condizioni di salute del ragazzo migliorarono notevolmente.

Da allora, Rasputin, come è comprensibile, divenne un'autorità irremovibile agli occhi della madre di Aleksej. Ben presto la sua influenza sull'intera famiglia reale, divenne quasi illimitata. La reputazione dell'anziano Grigorij come guaritore divenne leggendaria. I nobili e i mendicanti rimanevano per ore davanti alla sua porta solo per ricevere la sua benedizione.

Nonostante il fatto che nel suo villaggio natale, rimasero moglie e tre figli, Rasputin era conosciuto come un vero libertino. Le sue numerose amanti, soprattutto nobili signore, erano pronte per lui assolutamente a tutto. La Russia non aveva mai visto nulla di simile e forse non rivedrà mai una simile figura. La nobiltà di corte odiava Rasputin, rendendosi conto che l'influenza di questo nuovo falso sovrano sulla famiglia reale avrebbe condotto il Paese al limite dell'abisso.

Dopo l'omicidio di Rasputin, tutta la famiglia imperiale prese parte ai suoi funerali.

All'inizio della guerra, Aleksej e le sue sorelle erano affranti: non potevano capire perché la Germania divenne improvvisamente il nemico della Russia, soprattutto perché era il loro zio che la governava.

Poi alla fine di febbraio del 1917 scoppiarono tumulti a Pietrogrado che alla fine condussero alla caduta della monarchia.

Quando si osservano i ritratti degli ultimi anni dei membri della famiglia imperiale, è sorprendente notare una certa tensione e ansia nei loro volti. Tensione che rasenta la premonizione di qualcosa di brutto, qualcosa di terribile, sul presagio della calamità che li avrebbe di lì a poco attesi.

Solo l'immagine dell'Imperatore stesso traspira calma e sicurezza, ma forse era la posizione che lo richiedeva e probabilmente né la calma né la sicurezza albergavano nel cuore di Nicola II (Nikolaj II).

Il 3 marzo 1917, alle sette di sera, il granduca Pavel Aleksandrovič arrivò al palazzo con un messaggio sull'abdicazione di Nicola II (Nikolaj II). L'8 marzo la famiglia imperiale fu sottoposta agli arresti domiciliari.

Di fronte ai crescenti sentimenti anti monarchici, il governo provvisorio alla fine di luglio decise che la famiglia dell'ex Zar dovesse lasciare Pietrogrado. L'11 agosto Kerenskij discusse personalmente questo problema con Nicola II (Nikolaj II) e Aleksandra Fëdorovna.

Furono prese in considerazione varie opzioni, ma alla fine la scelta del governo provvisorio cadde su Tobol'sk, una città distante sia da Mosca che da Pietrogrado.

Fino all'ultimo minuto, la data e il luogo in cui i Romanov sarebbero stati trasferiti, rimasero segreti. Il 2 agosto 1917, il treno che batteva la bandiera della missione della Croce Rossa giapponese nel più stretto segreto lasciò il binario di raccordo. Ogni mezz'ora, un ufficiale di servizio accompagnava la sentinella che attraversava la carrozza. Furoni inviati numerosi telegrammi al governo provvisorio contenenti i rapporti sul trasferimento della famiglia imperiale.

Il 5 agosto 1917 arrivò a Tjumen un treno speciale. Qui la famiglia avrebbe dovuto trasferirsi sul piroscafo "Rus", per giungere al posto stabilito e situato lungo il fiume Tobol.

La vita a Tobol'sk, nella cosiddetta "Casa della libertà", fornita alla famiglia reale e al loro seguito, non fu particolarmente dolorosa.

Quando giunse al potere il governo bolscevico, la passione per la famiglia imperiale a Tobol'sk continuò a riscaldarsi. Alla fine di gennaio 1918, il Consiglio dei Commissari del Popolo adottò la decisione sul processo aperto dell'ex Zar. Il tribunale avrebbe avuto luogo a Pietroburgo o Mosca e, per prelevare l'exZar, il commissario Jakovlev fu inviato a Tobol'sk.

Il 25 aprile, Jakovlev incontrò l'ex Zar e gli annunciò che lo avrebbe prelevato per trasferirlo in un tribunale di Mosca.

Aleksandra Fëdorovna decise di accompagnare suo marito insieme a sua figlia Marija. Così la famiglia imperiale fu trasferita insieme al principe Valentin Dolgorukov, al dottor Botkin, al cameriere Čemododurov ed alla cameriera Demidov.

Il viaggio durò due giorni. Jakovlev aveva fretta. Le ragioni di questa corsa potrebbero essere state che Jakovlev stava giocando un doppio gioco, cioè con il pretesto di eseguire gli ordini del governo bolscevico, stava cercando di trasferire lo Zar ai tedeschi, che occupavano allora gran parte della Russia sovietica. Questo punto di vista è confermato dai ricercatori moderni ed il fatto che Jakovlev in seguito sia passato dalla parte dei Bianchi, avvalora questa tesi.

Il 26 aprile alle 9 di sera il corteo arrivò a Tjumen. Il 27 aprile, Jakovlev mise la famiglia in una carrozza di prima classe e separò lo Zar da sua moglie e sua figlia. Lungo la strada, si venne a sapere che ad Ekaterinburg avrebbero detenuto l'ex monarca con la forza, impedendogli di proseguire il viaggio. Jakovlev, tornando indietro, cercò di raggiungere Mosca attraverso Omsk.

Ma non era possibile farlo. In seguito, l'investigatore Sokolov sospettò che Sverdlov, il quale era il diretto superiore di Jakovlev, giocasse anche un doppio gioco, tentando di trasferire i Romanov nelle mani dei tedeschi. Queste stesse circostanze alla fine determinarono il destino della famiglia Romanov e la decisione del Consiglio degli Urali fu una comoda scusa per attuarla.

Jakovlev tentò ancora una volta di parlare con il Comitato Esecutivo Centrale russo di Omsk, ma ricevette l'ordine categorico di non opporsi al trasferimento dei prigionieri ad Ekaterinburg. Successivamente, i suoi soldati furono arrestati, ma presto rilasciati. Lui stesso fu costretto a tornare a Mosca, senza aver completato l'incarico.

Va notato che ad Ekaterinburg non erano stati realizzati preparativi preliminari per l'accoglienza della famiglia reale. L'ingegnere Ipat'ev ricevette l'ordine di pulire la sua casa solo alle 3 del pomeriggio del 29 aprile. Il 30 aprile 1918, nella "casa Ipat'ev" fu trasferita la famiglia reale che viaggiava in treno. Il 23 maggio, alle 2 del mattino, il resto dei figli dei Romanov fu portato nella "casa Ipat'ev".

Nella notte tra il 16 e il 17 luglio 1918, tutti i membri della famiglia imperiale furono fucilati, insieme alla servitù, dalla pattuglia del commissario bolscevico Jakov Jurovskij. Nel 2000 furono canonizzati come martiri dalla Chiesa ortodossa russa e tumulati nella cappella di Santa Caterina Martire della Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo (San Pietroburgo). Michael Goleniewski, ex ufficiale polacco, poi spia per l'Unione Sovietica e successivamente per la CIA, affermò di essere lo zarèvič Aleksej, ma pochi gli credettero.

Nel 1991 furono riesumati alcuni corpi della famiglia Romanov, ma tra questi non c'erano Aleksej Nikolaevič e sua sorella, la granduchessa Marija. Nell'agosto del 2007, nella regione degli Urali, furono rinvenuti i resti di due ragazzi, accanto ai quali vi erano pallottole e boccette di acido solforico (usato per occultare i cadaveri). Gli esami del DNA, conclusi e resi pubblici il 16 luglio 2008, hanno confermato che le ossa ritrovate sono quelle di Marija Nikolaevna e dello zarèvič Aleksej, chiudendo così per sempre la possibilità che qualche membro della famiglia imperiale fosse riuscito a salvarsi dal massacro di Ekaterinburg.

La vile esecuzione nella "casa Ipat'ev" pose fine alla monarchia russa.


Luca Leonardo D’Agostini

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