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Le indagini del detective Dimostrare Le indagini lungo il fiume Drina


Inizio agosto 2012. Loznica (Serbia). Konak Misic Hotel. Ore 02.26. Il detective Nikolaj Dimostrare sta dormendo su un letto matrimoniale, ma scomodo. Il caldo rende difficile fare una dormita continuativa per tutta la notte. Un ventilatore a piantana posizionato a mezzo metro di distanza dal letto, indirizza l’aria sulla faccia dell’esausto detective.

Ma a rendere insonne quella notte non era solo il caldo e il letto scomodo. Su quello stesso letto era stesa anche Mirna, una donna serba di 30 anni, alta 180 cm, capelli neri, lisci e lunghi a metà schiena. Un fisico da modella. Mirna era sposata da due anni con un produttore cinematografico serbo, ma quella notte l’aveva dedicata tutta al detective Nikolaj Dimostrare. Infatti mentre qualche ora prima alla reception dell’albergo, il detective Dimostrare stava richiedendo due camere singole, l’affascinante Mirna gli afferrò il braccio, gli si posò addosso con il suo corpo e gli sussurrò nell’orecchio destro: “Nikolaj, una notte insieme e mai più!”

Alle 02.26 di notte, il detective Dimostrare e la bellissima Mirna avevano già consumato tre appassionati rapporti sessuali e con loro, anche un’intera bottiglia di vodka ghiacciata. Il resto della notte risulterà ancora particolarmente appassionato per l’improvvisata coppia.

Infatti il detective Nikolaj Dimostrare non conosceva Mirna da molto. Lui era atterrato la mattina presto a Belgrado e poi si era recato da un famoso avvocato serbo, il quale lo aveva contattato per un’indagine molto delicata. Un importante politico serbo era stato arrestato con l’accusa di vari reati di tipo finanziario e fiscale. I media serbi avevano immediatamente iniziato un linciaggio mediatico. I tempi per l’iter giudiziario in Serbia sono molto molto rapidi. Dopo due mesi dall’arresto, a settembre era in procinto di iniziare il processo giudiziario. Nel frattempo, quello mediatico, stava effettuando velocemente il suo corso ai danni del politico imputato. Il suo legale, su consiglio di un avvocato russo aveva contattato il detective Dimostrare per rintracciare un testimone che sarebbe risultato utile da interrogare in sede giudiziaria e che avrebbe smontato molte delle accuse rivolte al suo assistito.

Mirna era una persona di fiducia del politico serbo e dopo aver svolto l’incontro con l’avvocato, il detective Dimostrare aveva un appuntamento fissato con lei nella hall del miglior albergo di lusso al centro di Belgrado. Mirna lo avrebbe aiutato a fissare i suoi primi contatti in Serbia, in funzione del futuro svolgimento delle indagini.

Il testimone da rintracciare si chiamava Bojan, era un ex dirigente di banca, dedito a speculazioni finanziarie. Interrogarlo e ascoltarlo in tribunale avrebbe rappresentato un’importante attività difensiva per l’avvocato. Bojan però difficilmente rintracciabile, soprattutto perché ricercato dai parenti della ex moglie i quali avevano intenzione di ucciderlo per motivi di onore familiare. Costui viveva in una casa abbandonata e sperduta tra la natura selvaggia, lungo il fiume Drina. Non possedeva un telefono cellulare, né un contatto mail o social. Diverse fonti affermavano che l’ex direttore di banca pagava un certo Dragan per assicurargli protezione. Dragan era un ex tiratore scelto (cecchino) dell’esercito serbo. Malato di tumore in stato terminale, Dragan viveva gli ultimi giorni della sua vita offrendo protezione a Bojan.

Inizio agosto 2012. Loznica (Serbia). Konak Misic Hotel. Ore 03.56. Il sonno del detective Dimostrare e della bellissima Mirna era durato solo 90 minuti. Entrambi ricordavano il patto: “una notte insieme e mai più!”. Non era il caso di trascorrerla dormendo. La passione di quella notte fu particolarmente intensa. Alle 08.30 del mattino i due erano a fare colazione in albergo. La freddezza tra loro aveva preso il posto della passione. Dovevano subito mettersi in moto. Il motivo per cui Mirna accompagnava il detective Dimostrare consisteva nel fatto che lei doveva presentargli 2 donne in grado di poterlo aiutare nella ricerca di Bojan, il testimone utile all’avvocato.

Alle 10.45, in uno chalet di montagna, Mirna e il detective Dimostrare giunsero all’appuntamento fissato con le due donne. Mirna entrò per prima e il detective subito dopo di lei. Le due donne erano già all’interno. I colloqui avvennero in russo, lingua correttamente parlata da tutti i quattro interlocutori.

“Ciao Dijana e Ivanka. Come state?” disse Mirna.

“Benissimo” rispose Dijana.

“Vi stavamo aspettando” disse Ivanka.

Dijana e Ivanka sono due belle ragazze. Dijana stava seduta sul tavolo, età 21 anni, mora, capelli mossi lunghi e neri. Indossava degli occhiali con montatura nera ma solo per leggere. Alta 175 centimetri, curve esplosive, pantaloncini jeans di lunghezza per così dire “inguinale”, ventre scoperto e un top nero chiuso con il fiocco a copertura esclusiva del prosperoso seno. Una rosa rossa tatuata sulla parte anteriore della spalla, risaltava subito allo sguardo.

Ivanka ha 23 anni, bionda, capelli lisci e lunghi raccolti con la coda. Alta 170 cm, magra ma formosa, occhi celesti, un piccolissimo neo sopra il labbro sinistro. Indossava un leggero vestitino bianco con margherite ricamate.

Le due ragazze sono estremamente provocanti e sexy nei loro atteggiamenti.

“Chi altro sapeva che venivate qui?” domandò alle due ragazze il detective Dimostrare, preoccupato riguardo la riservatezza dell’incontro.

“Ah, è uno che va subito al sodo” esclamò Dijana rivolta a Mirna, guardando poi il detective Dimostrare con fare ammiccante e ponendo sulla propria lingua una stecca degli occhiali che teneva in mano.

“Rispondi!” intimò il detective Dimostrare.

“Non lo sa nessuno!” disse Ivanka intervenendo nella conversazione. “Credo sia il caso che tu sappia chi siamo e cosa facciamo nella vita”, aggiunse Ivanka.

“So chi siete! Non mi serve di sapere altro su di voi. Ciò che mi interessa sapere è se siete in grado di portarmi da Bojan”, disse in modo perentorio e deciso il detective Dimostrare, il quale aveva ottenuto dall’avvocato di Belgrado tutte le informazioni necessarie sulle due ragazze. Si trattava in pratica di due escort che erano spesso invitate alle feste organizzate dal politico serbo arrestato. Le due ragazze ed il politico si conoscevano molto bene ed intrattenevano una notevole confidenza.

Dijana rispose: “Detective, si siamo in grado di portarti da lui, ma non sappiamo esattamente dove si trova. Siamo sicure che con il tuo aiuto sapremo trovarlo. Ma non sarà una passeggiata. Potrebbe anche essere pericoloso. Sai che è protetto da un certo Dragan?”

“Si, lo so!” rispose il detective Dimostrare.

“Come intendi procedere Nikolaj?” domandò Mirna.

“Avete il passaporto valido?” chiese alle due ragazze il detective Dimostrare.

“Si!” rispose Ivanka.

“Bene! Domani ti invierò via mail i biglietti aerei e la prenotazione dell’alloggio per loro due a Roma. Tu saprai come farglieli avere. Staranno qualche giorno in ufficio con la mia squadra per preparare la missione di ricerca” disse il detective Dimostrare a Mirna. E aggiungendo disse: “Ora torniamo a Belgrado!”. Poi voltandosi verso le due ragazze le salutò con un pizzico sulla guancia e disse loro: “In questi due giorni, limitate il più possibile i vostri spostamenti. Quando vi muovete fate come Ivan il Pazzo. Fartelo cioè in modo irrazionale in modo da accorgervi se qualcuno vi segue. Soprattutto, non parlate con nessuno. Ci vediamo tra un paio di giorni a Roma!”

Mirna e Nikolaj Dimostrare salirono sulla Volvo XC 60 colore bianco che il detective aveva noleggiato all’aeroporto e tornarono immediatamente a Belgrado. Durante il viaggio in auto la conversazione in auto tra i due verté sullo stile di vita in Serbia. Tenendo fede al loro patto, non vi fu nessuna forma di intimità o effusioni varie. Era tornati ad essere due sconosciuti che non si sarebbero più incontrati.

Giunti a Belgrado, Mirna scese di fronte agli studi della TV locale e disse: “Ciao Nikolaj. Aspetto la mail con i biglietti. Buona fortuna! Immagino questo sia un addio!”

“Grazie dell’aiuto Mirna. Addio!” disse Il detective Dimostrare. Mirna si voltò ed entrò negli studi della TV locale di Belgrado. Il detective riprese a guidare fino a giungere dall’avvocato serbo. Fu ricevuto immediatamente nello studio.

L’avvocato chiese; “Dottor Dimostrare, quali sono le sue valutazioni. Spero possa aiutarmi nell’accettare le indagini che intendo conferirgli!”

“Certamente Avvocato. Sono pronto per organizzare lo svolgimento delle indagini e rintracciare Bojan e fargli pervenire le sue comunicazioni.”

“Molte grazie!” rispose l’avvocato. Allora Le invio la lettera di incarico. Può indicarmi le coordinate bancarie per effettuare il bonifico?”

Il detective Dimostrare raccolse tutti i dati necessari per l’avvio delle indagini. Comunicò gli estremi bancari all’avvocato e disse congedandosi: “Buonasera Avvocato, rintracceremo Bojan entro fine agosto. Sono fermamente convinto che potrà interrogarlo in tribunale. A presto!”


Uscito dall’avvocato, il detective Dimostrare si lasciò alle spalle un edificio signorile, con un grande portone in legno con due grandi battenti color argento. Si accese uno dei suoi inseparabili sigari e si incamminò presso ove era parcheggiata la Volvo noleggiata. Camminò a passo lento e cadenzato, gustandosi il sigaro, mentre avvolto da molti pensieri che affollavano la sua mente, guardava l’architettura dei palazzi attorno a sé. C’era ancora tempo per il volo che lo riportava a Roma e così voleva gustarsi con calma le ultime ore di quella giornata a Belgrado.

Il giorno dopo, alle 10.30 entrò nel suo ufficio. Per quell’orario aveva pianificato una riunione con i suoi fidi braccio destro e sinistro, l’agente Frecco e l’agente Manziana. I due, insieme al detective Dimostrare costruiscono la mente e il cuore pulsante dell’agenzia investigativa.

“Bentornato Nikolaj!” esclamarono all’unisono l’agente Frecco e l’agente Manziana. Si alzarono e i tre si salutarono come al loro solito.

“Caffè?” domandò pleonasticamente l’agente Frecco, già conoscendo la risposta degli altri due.

Il detective Dimostrare annuì con un cenno della testa, più per stanchezza che per pigrizia. L’agente Manziana, visibilmente impaziente di conoscere l’esito della trasferta del detective Dimostrare a Belgrado, rispose all’agente Frecco con un laconico quanto romanesco “Daje!”

I tre si sedettero intorno alla scrivania, gustarono piuttosto rapidamente il caffè, accesero ciascuno il proprio sigaro e iniziarono la loro riunione. Il detective Dimostrare raccontò ai suoi fidi scudieri l’esito del viaggio in Serbia, soffermandosi con dovizia di particolari sulla natura dell’incarico assunto, tralasciando invece volutamente ogni riferimento alla bellissima Mirna. Quello era un ricordo ancora troppo fresco per poterne parlare senza omettere riferimenti che dovevano essere portati nella tomba, sia da Mirna che dal detective Dimostrare.

La riunione iniziò alle 10.45 e terminò alle 14.30. Nel frattempo i tre gustarono ognuno il proprio cartone di pizza funghi e salsicce consegnato dall’ottima pizzeria situata nei pressi dell’ufficio.

Alle 14.30, dopo l’ennesimo caffè della giornata, i tre liberarono la grande scrivania nera, misero una musica di sottofondo e posizionarono una mappa sul tavolo. Si trattava della cartina della Serbia. Il pomeriggio fu passato a pianificare il tragitto e le tappe lungo il fiume Drina.

Nel frattempo il detective Dimostrare aveva inviato la mail a Mirna, con allegati i due biglietti aerei per Dijana e Ivanka. Le due ragazze erano attese per la mattinata seguente. A prenderle all’aeroporto andò l’agente Sasha, persona estremamente riservata e di comprovata fiducia.

In ufficio ad attenderle c’erano il detective Dimostrare, l’agente Frecco e l’agente Manziana. Appena le due ragazze fecero il loro ingresso in ufficio, l’agente Frecco e l’agente Manziana le salutarono riservando loro una cortese accoglienza. Sembrava rimanessero indifferenti alla loro provocante bellezza, non una smorfia del viso. Non una battuta. Ma il detective Dimostrare sapeva benissimo che i due stavano sforzandosi nel tenere a freno i loro sbalzi ormonali e che alla prima provocazione delle ragazze avrebbero abbattuto di colpo quella falsa apparenza di distacco.

La riunione iniziò. Il detective Dimostrare era seduto al suo posto alla scrivania. Indossava jeans neri, un paio di scarpe Pierre Cardin numero 47 e una maglietta nera con l’immagine del presidente Vladimir Putin e la scritta in cirillico “Ai nostri non li abbandoniamo”. Il detective Dimostrare conduceva la riunione con il suo spirito ultra pratico e diretto, rivolto sempre a riportare al nocciolo della questione ogni deriva discorsiva.

L’agente Frecco e l’agente Sasha erano seduti sul divano. L’agente Frecco era sempre in tiro come al solito. Addominali e pettorali dove non albergano un filo di pelle in più dello stretto necessario. È un ex portiere di pallamano e seppur avesse all’epoca vissuto quasi 50 primavere, il suo fisico era ancora perfettamente atletico. Lo sguardo vispo e furbo ed un pizzetto sempre ben curato caratterizzano il suo volto. Era vestito con dei jeans neri, un paio di scarpe nere eleganti, una camicia bianca ultra aderente, perfettamente stirata e con incise le iniziali del suo nome e cognome “F. A.”. Durante la riunione, come sempre del solito, continue ed incisive erano le sue osservazioni. Con interruzioni che a volte possono spiazzare o mettere a disagio chi non lo conosce. Ascoltava, rifletteva in un nano secondo, interrompeva, domandava. Senza la sua presenza la riunione sarebbe durata un terzo del tempo, ma senza il suo contributo non sarebbe stato possibile pianificare con successo tutta l’indagine che ci si apprestava a svolgere.

L’agente Sasha era anch’esso seduto sul divano. Ma al contrario, i suoi interventi sono sempre molto rari. Capelli lunghi lisci color castano, occhi azzurri, alto e robusto, l’agente Sasha indossava dei jeans chiari, un paio di scarpe da ginnastica gialle e una polo anch’essa di colore giallo ma con tonalità scura. Partecipava alla riunione in quanto a seguito dell’indagine in Serbia, che avrebbe visto la partecipazione contemporanea del detective Dimostrare, dell’agente Frecco e dell’agente Manziana, sarebbe toccato proprio a lui assumere momentaneamente le redini di coordinamento dell’agenzia a Roma. Sasha quindi, era interessato a conoscere la pianificazione delle indagini in Serbia, ma non era coinvolto emotivamente nel definire i dettagli stessi della pianificazione.

L’agente Manziana, riflessivo come sempre, era seduto alla sua scrivania. Alto, muscoloso, più cuoio capelluto che capelli, anche lui quasi cinquantenne ha le sembianze di chi ha praticato sport a livello agonistico per molti anni. Aveva giocato a palla a mano nella stessa squadra dell’agente Frecco. Si narra che fosse dotato di un talento cristallino e che furono alcuni gravi infortuni ad interromperne prematuramente la carriera. Indossava un paio di pantaloncini corti di color verde chiaro, scarpe da ginnastica e maglietta a maniche corte, entrambi di colore grigio. Scrutava le due ragazze con molta attenzione. Non è facile prendersi gioco dell’agente Manziana. Anzi diciamo pure che è alquanto impossibile. Aveva fiutato che la loro affidabilità non sarebbe stata sicura e quindi pesava ogni loro parola, ogni loro gesto. Molto spesso il suo sguardo si i incrociava con quello del detective Dimostrare. E quegli sguardi, seppur veloci rappresentavano sistematici punti della situazione di quanto sino ad allora discusso.

Veniamo alle due ragazze. Dijana indossava dei pantaloncini jeans chiari con strappi alla moda, un paio di sandali estivi senza tacco con lacci stile gladiatore, una maglietta grigia con una nota musicale rossa ricamata al centro. I suoi capelli lunghi neri e lisci erano raccolti in una coda che le scendeva al centro della schiena. I suoi occhiali con montatura nera si alternavano, a volte erano indossati regolarmente, a volte erano tenuti in mano e con la stecca spesso poggiata sulle labbra, truccate con un accesso rossetto rosso. Dijana è molto innamorata del suo paese e mostrava enorme sicurezza nel raggiungimento dell’obiettivo. Molto diretta, per nulla diplomatica, era una bomba esplosiva in tutti i sensi: sia da quello fisico che da quello del suo comportamento. Il detective Nikolaj Dimostrare aveva compreso che Dijana sarebbe risultata realmente molto utile allo svolgimento delle indagini, ma comprendeva benissimo che la sua esuberanza andava gestita al fine di evitare pericoli e rischi che si prospettavano assai densi e frequenti. La suoneria del telefono cellulare di Dijana era costituita dalla musica e dalle parole della canzone “Sadness” degli Enigma, e prima di rispondere al telefono, ogni volta attuava lo stesso rituale consistente in strani movimenti delle dita delle sue mani intorno ai suoi occhi.

Ivanka era, per quanto possibile, più fine e delicata di Dijana. Leggermente più bassa e meno esplosiva fisicamente, era dotata di un’eleganza innata nei suoi atteggiamenti, anche quando questi riguardavano la provocazione sessuale. Ivanka indossava una minigonna nera, un paio di scarpe da donna estive con tacco alto e trasparente, una camicetta bianca della lunghezza di un top con maniche lunghe, bottoni e una cravatta nera con nodo a farfalla. Le sue unghie erano smaltate rosse e risaltavano sulla sua pelle chiara. Ivanka parlava meno della sua amica Dijana. Era molto diplomatica, era altrettanto abile a smorzare ogni tipo di polemica ed a ricucire i contrasti. Estremamente sicura di sé, era anche enigmatica e talvolta subdola. Se qualcuno avesse tradito la missione che c’era da compiere, quella era proprio Ivanka.

La conversazione e la pianificazione dell’itinerario del rischioso viaggio che avrebbe dovuto concludersi con il rintraccio di Bojan, durò tutto il pomeriggio. Finita la riunione, l’agente Sasha accompagnò Dijana e Ivanka nel bed&breakfast situato a poche centinaia di metri dall’ufficio dell’agenzia investigativa. Le due ragazze serbe quella notte avevano voglia di trascorrerla al centro di Roma. Non erano mai state nella città eterna. Così il detective Dimostrare pianificò loro la serata.

“Ciao caro Iosif, sei libero stasera?” chiese il detective Dimostrare chiamando un suo amico di professione autista di un servizio “NCC”.

“Ciao caro Nikolaj, si! Come posso esserti utile?” rispose l’autista di nome Iosif.

“Ho necessità che tu accompagnassi due ragazze serbe in un tour notturno di Roma. È importante che tu non distolga mai lo sguardo da loro. Sono molto appariscenti, ma sono uno strumento fondamentale per lo svolgimento di una imminente indagine. Mi serve tutta la tua esperienza da ex agente investigativo, nel proteggerle e nel gestirle”, disse il detective Dimostrare.

“Puoi sempre contare su di me Nikolaj. Sono in età da pensione ma sono ancora perfettamente operativo per questo tipo di esigenze!” affermò l’autista.

Iosif accompagnò le due ragazze ad un lussuoso ristorante al Pincio. Il detective Dimostrare aveva prenotato e offerto loro la cena. Cenarono in un tavolo all’aperto situato in modo che l’autista avesse avuto sempre modo di tenerle sott’occhio. Finita cena, Iosif le condusse in un tour di notte di Roma. Tornarono al bed&breakast stanche ma soddisfatte. Una volta assicuratosi che fossero entrate nel B&B, l’autista aspettò qualche decina di minuti, allentandosi un po’ ma rimanendo a vista del cancello d’ingresso del B&B. Poi mandò un messaggio al detective Dimostrare: “Tutto ok! Sono rientrate!”

Il mattino seguente le due ragazze dormirono fino a tarda mattina.

Nel frattempo, già di buon’ora, il detective Dimostrare, l’agente Frecco e l’agente Manziana si riunirono in ufficio per preparare gli ultimi dettagli dell’indagine.

Giunsero in ufficio contemporaneamente. Molti potrebbero pensare che si potesse trattare di puro caso. Ma non era così! I tre hanno un affiatamento così forte che anche senza premeditazione erano in grado di pensarla allo stesso modo, agire nello stesso modo, fino al giungere sul luogo per l’appuntamento nel medesimo istante.

Caffè, sigari ed al via la riunione. Ma verso le 8.30, ecco giungere una telefonata che avrebbe sconvolto tutti i piani.

Il telefono del detective Dimostrare squillò. L’immancabile suoneria basata sulle note della canzone russa “Katyusha”, rimbombava in tutta la stanza. Il telefono cellulare squillante era poggiato sul davanzale della finestra. Il detective Dimostrare, svogliato si alzò dalla sua sedia e si diresse al telefono per rispondere. Guardò lo schermo del telefono e rivolgendosi all’agente Frecco e all’agente Manziana, disse: “È Marco!”. Marco è un famoso cantautore, cantante e attore romano. Il detective Dimostrare rispose e si sedette di nuovo alla scrivania.

“Ciao Marco, come stai?” chiese il detective Dimostrare.

“Caro amico mio potrebbe andare meglio. Nikolaj ho un urgente e disperato bisogno del tuo aiuto.” disse il cantante.

“Marco, io domani partirò. Ho un’indagine da svolgere in Serbia!” disse il detective Dimostrare.

“Nikolaj perdonami ma sono disperato. Ho scoperto che mia figlia si droga. Si tratta della mia figlia adottiva. Mi ha sottratto quattromila euro che erano in casa. Quando me ne sono accorto non mi ha voluto dire a cosa gli fossero serviti. Poi ho insistito e mi ha detto che li ha utilizzati per comprare la cocaina e fare delle feste con i suoi amici. Quando gli ho chiesto chi fossero questi amici, è scoppiata a piangere e tremava. Mi ha detto di non potermelo dire, che è gente pericolosa e se me l’avesse detto avrebbe seriamente temuto per la sua vita ed anche per la mia. Mi ha detto queste parole: “Papà, quelli non sono normali. Se sanno che te l’ho detto ti ammazzano.” Nikolaj, ti prego, solo tu mi puoi aiutare.”, disse il famoso cantante romano.

“Fammi riflettere ed organizzare! Ti chiamo dopo caro Marco.”, disse il detective Dimostrare.

Chiusa la telefonata, il detective Dimostrare iniziò a raccontare all’agente Frecco e all’agente Manziana la natura della conversazione telefonica appena trascorsa. I due sgranarono gli occhi, poi l’agente Frecco disse: “Nikolaj, andremo in Serbia in quattro. Io, Manziana, Dijana e Ivanka. Siamo in quattro, siamo più che sufficienti, tu occupati di questo caso. Sei il solo che può riuscirci.”

“Ha ragione Frecco! Fidati di noi. Troveremo Bojan. Ne sono sicuro!” esclamò l’agente Manziana.

Il detective Dimostrare si alzò dalla poltrona della sua scrivania. Si diresse verso il divano e si sedette comodamente. Accese il sigaro che nel frattempo si era spento e rifletté silenziosamente per qualche minuto. Nel frattempo l’agente Frecco e l’agente Manziana ripresero a lavorare intensamente alla pianificazione dell’indagine in Serbia.

Il detective Dimostrare era seduto sul divano e li guardava con fervida ammirazione. D’altronde la stima che nutre nei loro confronti è incommensurabile. Li osservava attentamente e si rendeva conto su quale patrimonio umano e professionale poteva contare. Ad un certo punto i suoi occhi non videro più i suoi fidati alter ego, ma videro l’agente Frecco e l’agente Manziana che avevano finalmente rintracciato Bojan.

Era il segnale! Si alzò dal divano, tornò alla scrivania e disse: “Ok, andrete voi quattro. Porteremo Bojan in tribunale!”

Poi prese il cellulare e telefonò al cantante. “Ciao Marco, va bene. Ci vediamo tra quaranta minuti al tuo studio di registrazione.”

“Grazie infinite Nikolaj. A dopo!” disse il cantante.

Giunto presso gli studi di registrazione, il cantante iniziò a riferire tutti i dettagli del caso. Carolina, la sua figlia adottiva ventunenne di origini canadesi, si trovava in una situazione davvero complicata e pericolosa. Il padre aveva trovato anche segni di ferite sulla sua schiena. La ragazza confessò di essere stata frustata. Il detective Dimostrare comprese che la ragazza era in pericolo di vita e che occorreva intervenire in suo aiuto.

Tornò in ufficio all’ora di pranzo. Aprì la porta e la scena che lo attendeva era rincuorante: l’agente Frecco, l’agente Manziana, Dijana e Ivanka erano seduti intorno alla scrivania. Parlando tra loro in inglese, l’unica lingua in comune che avevano per comunicare, avevano preparato un dossier dettaglio che doveva fungere da guida e bussola del viaggio. I fatti dimostrarono che al netto di tutti gli imprevisti che si sarebbero in seguito verificati, la pianificazione del viaggio e delle attività di indagine in Serbia, fu un elemento fondamentale per l’esito delle investigazioni.

L’agente Frecco disse: “Nikolaj, noi anticipiamo la partenza. Anziché domani sera, partiamo stasera. Abbiamo già chiamato Fabio (l’agente di viaggi) e abbiamo i biglietti”.

“Va bene!” esclamò sinteticamente il detective Dimostrare.

Nikolaj, io porterò con me una telecamera professionale che mi ha prestato Salvatore, il nostro amico regista.” disse il detective Manziana. “Riprenderò tutto con la telecamera e vedrai che sarà come se fossi venuto con noi.”

Il detective Dimostrare abbracciò con affetto l’agente Manziana e senza parlare, lo guardò negli occhi e gli diede una pacca sulla spalla.

Dijana e Ivanka non proferirono parola. Sapevano che quel momento era una questione a tre e che loro erano estranee a quel tipo di rapporto.

L’agente Frecco prese il suo borsone e disse: “È ora di andare all’aeroporto!”

Subito le due ragazze si alzarono dalle sedie. Anche loro e l’agente Manziana presero i loro borsoni. Dopo i saluti, i quattro erano già sul pianerottolo. Ad un certo punto quando ormai il detective Dimostrare stava chiudendo la porta dell’ufficio, Dijana fece una rapida corsa all’indietro e bloccò la porta prima che questa si chiudesse. Si avvicinò al detective Dimostrare ed in russo disse: “Nikolaj, stai certo che troveremo Bojan. Te lo prometto!”, poi si voltò altrettanto di scatto e raggiunse immediatamente gli altri tre.

Il detective Dimostrare si sedette alla sua scrivania. Accese il sigaro e rifletté su quali attività realizzare per salvare la figlia del suo amico cantante. Mentre analizzava tutte le situazioni possibili, passarono le ore e l’agente Frecco, l’agente Manziana, Dijana e Ivanka stavano atterrando a Belgrado.

Il detective Dimostrare cenò a casa da solo, si cucinò una tagliata alla piastra con la cicoria ripassata in padella. Aprì una bottiglia di Lagrein, il suo vino rosso preferito. I suoi pensieri rimbalzavano tra salvare Carolina e rintracciare Bojan.

Intanto, la stessa sera, dopo essersi sistemati in un albergo a 4 stelle al centro di Belgrado, l’agente Frecco, l’agente Manziana, Dijana e Ivanka, cenarono in un ristorante. Le due ragazze pretesero che i due italiani provassero la cucina serba. Così ordinarono il Ćevapčići, un piatto di derivazione turca, che consiste in polpettine cilindriche a base di carne di manzo e agnello, di solito cotte alla piastra o sulla griglia. L’altro piatto da loro scelto fu la gibanica, una torta salata a base di pasta sfoglia, farcita di abbondante formaggio, panna e uova. La cena fu bagnata da boccali di birra Jelen Lager, una famosa birra del birrificio serbo Apatinska Pivara.

Il giorno dopo entrambe le indagini entrarono nel vivo.

In cinque giorni, il detective Dimostrare riuscì a salvare Carolina. Applicò un GPS sotto la microcar di marca Aixam utilizzata dalla ragazza e poi la pedinò costantemente. Al terzo giorno il detective Dimostrare aveva già identificato chi fossero i ragazzi che Carolina frequentava. Tra questi molti rampolli della Roma bene, tra i quali i figli di alcuni registi cinematografici, di altri cantanti e attori, ed anche la figlia di una famosa stilista. Ma ciò che era determinante ai fini dell’indagine, fu l’identificazione dì quattro ragazzi provenienti dal quartiere Primavalle, dediti alla per nulla gratificante attività di pusher. Uno di loro si era infatuato di Carolina, ma si vide da lei respinto. Il giovane ventiquattrenne gli regalò della cocaina che la ragazza provò in compagnia dei suoi amici della cosiddetta “Roma bene”.

Il pusher respinto, avendo compreso che Carolina era rimasta soddisfatta, gli regalò altre dosi di cocaina. E così questo tipo di regali divennero sempre più frequenti.

Carolina da una parte era gratificata dalla considerazione che i suoi amici avevano di lei. Amici che mostravano di gradire la cocaina che lei offriva loro durante le serate in comitiva. Dall’altra parte però, era divenuta, a sua insaputa, prigioniera del pusher.

Così un giorno, il delinquente respinto la ricattò, imponendogli di pagare con denaro o sessualmente, tutta la cocaina che gli aveva falsamente donato.

Lei si rifiutò, allora i quattro ragazzi la sequestrarono per circa un’ora, la portarono in un garage e le frustarono la schiena, a mo’ di avvertimento.

Tutto ciò era stato scoperto dal detective Dimostrare in tre giorni di duro lavoro, fatti di monitoraggio GPS, pedinamenti, ascolto ambientale all’interno della sua camera da letto e nella microcar, questi due ultimi resi possibili mediante la collaborazione offerta dai genitori della ragazza.

Ciò che mancava di scoprire e dove fosse situato il garage e documentare video-fotograficamente l’incontro tra Carolina ed i quattro pusher.

L’occasione si presentò la sera del quarto giorno di indagini. Carolina uscì di casa per salire in macchina e fare una telefonata. Non voleva farsi sentire dai propri genitori, ma ignorava che i propri genitori, uno dei quali intestatario della microcar, avevano autorizzato il detective Dimostrare ad installare una microspia nell’autovettura. Così il detective Dimostrare poté ascoltare la conversazione tra Carolina e il pusher che la ricattava.

Il pusher le aveva intimato di recarsi il giorno dopo nel garage e portarle 2.500 euro.

Carolina riuscì a sottrarre 500 euro a casa della nonna materna e quindi le mancavano ancora duemila euro. Decise comunque di andare presso il garage, convinta che consegnando 500 euro, sarebbe riuscita a guadagnare altro tempo.

Il detective Dimostrare aveva compreso che quell’incontro avrebbe potuto rivelarsi molto pericoloso per la ragazza. Così chiamò due suoi collaboratori per farsi coadiuvare nelle indagini il giorno successivo. Si trattava dell’agente Jan, detto il Giustiziere. Jan, 45 anni, fisico robusto e muscoloso, vanta anni di esperienza nella polizia giudiziaria. È istruttore di kick boxing. L’altro era l’agente Lionel, detto Attila. Trentadue anni, fisico atletico, istruttore di Muay Thai (box thailandese) ed esperto di vari arti marziali.

Il garage si trovava nel quartiere Primavalle. il detective Dimostrare, l’agente Jan e l’agente Lionel videro Carolina entrare nel garage dove poco prima avevano già visto entrare i quattro pusher. Il problema consisteva nel fatto che il padre della ragazza desiderava che la situazione si risolvesse senza contattare le forze dell’ordine, in quanto, a suo avviso, ciò avrebbe comportato una risonanza pubblica deleteria per la sua immagine.

Il detective Dimostrare aveva dato al cantante un uno nuovo telecomando. Il padre, nel portachiavi della figlia, avrebbe dovuto sostituire il telecomando di un cancello automatico della casa con questo nuovo telecomando identico fornito dal detective Dimostrare. Il telecomando funzionava perfettamente come il precedente, ma aveva al suo interno una microspia GSM.

Così, una volta entrata nel garage, il detective Dimostrare chiamò il numero di telefono inserito nella microspia ed ascoltò quanto accadeva all’interno.

I quattro pusher, non soddisfatti dei duemila euro mancanti, intimarono a Carolina di spogliarsi, intenti a volerla violentare. La ragazza, rifiutò immediatamente ed iniziò ad urlare poiché aggredita. In pochi istanti la situazione era precipitata.

Il detective Dimostrare, l’agente Jan e l’agente Lionel con l’ausilio dei piedi di porco riuscirono ad alzare molto velocemente la serranda del garage. Ne scaturì una violenta colluttazione fisica. I 194 cm del detective Dimostrare, uniti ai suoi 130 kg ed alla padronanza di tecniche di Sistema, il metodo di combattimento degli Spetnaz, i corpi speciali russi, più tutta l’eccellente abilità nelle arti marziali da parte dell’agente Jan e dell’agente Lionel, furono determinanti nel neutralizzare immediatamente i quattro delinquenti.

Il detective Dimostrare, sistemato a dovere il pusher che ricattava Carolina, si dedicò a mettere subito in salvo la ragazza. Così l’afferrò con determinazione e la porto via. Uscì, dal garage, consegnando le chiavi della microcar all’agente Jan. Poi fece salire la ragazza nel suo SUV e si diresse rapidamente a casa del cantante Marco. Quando il padre vide la ragazza scendere dall’autovettura l’abbracciò calorosamente. La figlia scoppiò in un lungo pianto ed abbracciò anch’essa il padre. Il detective Dimostrare non voleva interrompere quel fantastico e felice clima familiare, così in silenzio sali sulla sua autovettura e si allontanò.

Nel frattempo, l’agente Jan e l’agente Lionel, a modo loro, convinsero i quattro pusher che sarebbe stato meglio lasciare in pace Carolina. L’opera di convincimento risultò decisamente efficace.

Poco dopo l’agente Jan si mise alla guida della microcar e la lasciò parcheggiata fuori casa del cantante Marco. Lasciò le chiavi nella cassetta delle lettere, salì sul sedile posteriore della moto dell’agente Lionel ed entrambi si allontanarono.

La sera il cantante Marco chiamò il detective Dimostrare:

Ciao mio carissimo Nikolaj. Amico mio, non ho parole! Hai salvato mia figlia. Non lo dimenticherò mai!”

“Ciao Marco, le tue parole mi riempiono di gioia. Un grande abbraccio e buona serata.”

L’indagine che aveva impedito al detective Dimostrare di recarsi in Serbia, si era risolta brillantemente. Ma cosa era accaduto in quella settimana all’agente Frecco, all’agente Manziana, a Dijana e Ivanka?

Dopo la cena a base di cucina serba, i quattro tornarono nel loro albergo. Ognuno alloggiò in una camera singola. I giorni successivi non consentirono così tanto spazio a disposizione per ciascuno di loro.

La mattina dopo, usciti dall’albergo, si recarono ad un vicino autonoleggio. Le auto a disposizione non erano molte e soprattutto erano molto vecchie. L’agente Frecco decise di noleggiare una Lada Niva color crema. C’era da sperare che quell’autovettura non li avesse abbandonati nelle impervie zone serbe. Comunque, lanciarono i loro quattro borsoni nel bagagliaio e salirono a bordo. L’agente Frecco si posizionò alla guida. L’agente Manziana avrebbe dovuto fungere da navigatore, ma già dalla sera prima aveva maturato seri dubbi riguardo la lealtà di Ivanka. Qualcosa lo spingeva a credere che ad un certo punto, nella situazione più critica, Ivanka li avrebbe traditi. Non ne parlò con l’agente Frecco e quindi quando decise di non svolgere più la funzione di navigatore, fu incompreso.

“Dijana, siediti tu davanti. Fai tu il navigatore! Io mi siedo dietro.” disse l’agente Manziana.

L’agente Frecco, sgranò gli occhi, rimanendo evidentemente sorpreso. Poi sorrise e con il suo ghigno malefico, lisciandosi il pizzetto, disse in italiano: “Ah, ho capito! Ti piace Ivanka!”. Poi tornò a parlare inglese e aggiunse: “Va bene, ma tieni a freno le mani. Non è il momento di distrarsi!”

L’agente Manziana rispose: “Certo, non è il momento di distrarsi”. E poi guardando fisso negli occhi Ivanka, disse: “Io sono sempre molto attento, anche quando non sembra!”

Ivanka sorrise, ma sembrò un sorriso impostato. Dal suo viso non trapelarono altre emozioni.

Il viaggio alla ricerca di Bojan iniziò. Nessuno sapeva come sarebbe andata a finire.

Raggiunsero le rive del fiume Drina e si inerpicarono ogni giorno in strette strade di montagna e collina. Talvolta lasciarono le strade asfaltate per percorrere parecchi chilometri su strade sterrate. In qualche luogo il cellulare non agganciava nessun segnale.

Il primo giorno di viaggio fu molto lungo. Da Belgrado alle rive del fiume Drina e da lì la perlustrazione villaggio dopo villaggio, alla ricerca di qualche traccia da iniziare a seguire. Ma da questo punto di vista, il primo giorno non fornì alcun risultato utile. Trovarono una taverna nella quale bere un po’ di birra e mangiare un po’ di carne alla griglia. La qualità della carne non era eccellente, ma poco importava, erano a digiuno sin dalla mattina.

La prima notte la trascorsero proprio nella struttura della taverna e accadde ciò che prima o poi sarebbe dovuto accadere. Il proprietario aveva solo due camere matrimoniali a disposizione. Così senza neanche troppo starci su a pensare, anzi quasi istintivamente, in una dormirono (si fa per dire), l’agente Frecco e l’enigmatica Ivanka. Nell’altra, l’agente Manziana con l’esplosiva Dijana.

Il secondo giorno accadde uno spiacevole imprevisto. La Lada Niva presa a noleggio si fermò mentre percorreva una strada sterrata. Il semiasse dell’autovettura si ruppe. L’agente Frecco chiamò il noleggiatore il quale gli disse che sarebbe andato a ritirare l’autovettura nei prossimi giorni, ma che non avrebbe potuto aiutarli fornendo loro in breve termine una nuova autovettura.

Così Dijana cercò una soluzione, parlò con un allevatore di un casolare vicino e lo convinse a vendere la sua vecchissima automobile. Si trattava di una vecchia Zastava 128 colore verde oliva. L’agente Frecco contrattò il prezzo e comprò la macchina spendendo 150 euro, compreso il pieno di benzina. Logicamente, d’accordo con l’allenatore non fu realizzato nessun passaggio di proprietà. Al termine dell’indagine la macchina sarebbe stata abbandonata.

Il viaggio si faceva sempre più complicato. Avrebbe retto fino alla fine quel vecchio rottame? La risposta era ignota, ma l’esigenza di proseguire il viaggio era ferma nella mente di tutti i 4 partecipanti alla ricerca di Bojan.

Il terzo giorno, percorsero molti chilometri. Nel pomeriggio giunsero in uno sperduto monastero ortodosso. Qui un giovane pope di nome padre Afanasij, parlando con Ivanka, fece una rivelazione. Disse di conoscere il luogo esatto ove si trovava Bojan.

Ivanka e padre Afanasij stettero a parlare da soli per più di un’ora, nel bosco circostante il monastero. Contemporaneamente, nelle cantine sottostanti il monastero, l’agente Manziana stava parlando con un monaco di nome Roman.

Nel frattempo, l’agente Frecco e Dijana stavano pregando davanti un immagine dell’arcangelo Michele che uccide il drago.

Furono loro due a tornare prima alla macchina. Nell’attesa degli altri due, l’agente Frecco si poggiò sul cofano ed accese un sigaro. Dijana invece, era intenta a scattare foto con il suo cellulare.

L’agente Manziana e Ivanka tornarono quasi contemporaneamente. Ivanka disse all’agente Frecco: “Mi servono duemila euro?”.

“Cosa?”, rispose ironico l’agente Frecco.

“So dove si trova Bojan! Dammi i soldi e partiamo subito.” disse Ivanka.

L’agente Frecco incrociò lo sguardo dell’agente Manziana, il quale mentre inspirava il fumo del sigaro che stava fumando, disse: “Va bene, daglieli!”

L’agente Frecco, mal volentieri consegnò la somma a Ivanka, la quale si voltò e la consegnò a padre Afanasij che era poco distante da lei, e disse: “Padre, questi sono per il restauro del pozzo!”

Padre Afanasij, colto di sorpresa, ringraziò Ivanka e benedì i quattro, augurando loro buon viaggio.

L’agente Manziana prese l’agente Frecco sotto braccio e lo portò in disparte e disse: “Dammi 500 euro.”

“A cosa ti servono?” chiese l’agente Frecco.

“A tempo debito lo scoprirai!” esclamò l’agente Manziana, ottenendo i soldi richiesti.

I quattro ripartirono. Ad un certo punto l’agente Manziana disse all’agente Frecco: “Fermati!”. L’agente Frecco fermò la macchina. L’agente Manziana scese ed entrò in una macelleria. Uscì poco dopo con una busta di carta, ma all’interno non c’era carne. Aveva ottenuto quell’informazione dal monaco Roman e dal macellaio acquistò una pistola automatica Tokarev TT-33 e alcune munizioni.

La sera confidò all’agente Frecco del suo acquisto e disse che ciò serviva per affrontare a tempo debito Ivanka e i suoi complici.

Il quarto giorno, nel pomeriggio giunsero in un campo nomadi. Li portò li Ivanka, affermando che in quel posto avrebbero saputo come raggiungere Bojan. L’atmosfera era molto tesa.

I quattro furono accolti con inaspettata ospitalità. Furono invitati a cena, bevvero molto, fumarono ancor di più e ballarono. Per quanto riguarda l’agente Frecco e l’agente Manziana, ballarono di controvoglia, spinti a farlo dalle donne dell’accampamento.

Ivanka ad un certo punto si allontanò, poi con un sms chiese agli altri tre di raggiungerla. Si trovava di fronte ad una roulotte e ad una vecchia Mercedes 190 grigia. Disse: “Quella macchina è di Miroslav, lui tutti i giorni porta da mangiare a Bojan e alla sua guardia del corpo.”

“Bene, disse l’agente Frecco, allora gli applichiamo un GPS e domani la seguiremo. Ci porterà da lui.”

L’agente Manziana disse: “Ma come facciamo a collegargli il GPS, ci sono quattro uomini che giocano a carte lì davanti. Non ci riusciremo mai. E dall’aria che tira credo che resteranno lì tutta la notte”.

Dijana intervenne: “Ci pensiamo noi! Io ed Ivanka li porteremo all’interno della roulotte e li tratterremo per un po' di tempo. Voi avrete così modo di applicare il GPS.”

Così fu! Dijana ed Ivanka si avvicinarono ai quattro uomini che giocavano a carte e poco dopo si mostrarono disponibili, molto disponibili. L’idea di Dijana ebbe successo. Per un’ora, Dijana e Ivanka si trattennero in un’orgia con i quattro nomadi. Nel frattempo, l’agente Manziana si sdraiò a terra e coperto dall’agente Frecco, applicò il GPS.

Il giorno dopo, il quinto giorno, l’agente Frecco, l’agente Manziana, Dijana e Ivanka si misero a pedinare la Mercedes che li avrebbe condotti da Bojan.

L’indagine aveva avuto successo. Quando la Mercedes giunse a destinazione, l’agente Frecco con una mossa furtiva si distese a terra e scollegò il GPS. Poi attesero che il visitatore se ne andasse.

Dragan poco dopo uscì fuori mentre teneva in mano una bottiglia di cognac. L’agente Manziana gli si parò davanti e puntandogli contro la Tokarev TT-33, lo disarmò.

L’agente Frecco, Dijana e Ivanka parlarono per più di un’ora e riuscirono a convincere Bojan ad andare con loro a Belgrado, dove ad attenderlo c’era l’avvocato che lo stava cercando.

Giunsero a Belgrado. Bojan era nell’ufficio dell’avvocato, che non credette ai suoi occhi quando l’agente Manziana glielo portò di fronte.

Dijana ed Ivanka accompagnarono all’aeroporto i due detective italiani. Tennero per loro la macchina e Dijana chiese all’agente Manziana se fosse possibile avere una copia di tutto il video del viaggio e delle varie peripezie e disavventure trascorse. L’agente Manziana aveva filmato tutto. I momenti conviviali, quelli critici, il viaggio intero. La telecamera fu quasi sempre accesa. L’agente Manziana, prima di entrare in aeroporto copiò sul computer di Dijana tutto il video realizzato.

La sera stessa, l’agente Frecco e l’agente Manziana atterrarono a Roma. Il giorno relazionarono al detective Dimostrare tutta la loro indagine e furono gratificati dai complimenti e da una lauta remunerazione.

Intanto a Belgrado, Dijana e Ivanka incontrarono Mirna. Gli mostrarono il video. Mirna ne chiese una copia e la consegnò al marito produttore cinematografico.

La fine della storia: il produttore montò le immagini e ne realizzò un film documentario che vinse un premio al festival del cinema di Belgrado.

Il detective Dimostrare, l’agente Frecco e l’agente Manziana furono inviatati a Belgrado per ritirare il premio.

Luca Leonardo D’Agostini

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